Aborti con il farmaco, allarme tra le immigrate

Il ginecologo Chiomento (Aied): viene usato per evitare l’ospedale. Molte ragazze africane si rivolgono al consultorio con emorragie devastanti


di Susanna Petrone


BOLZANO. «Purtroppo quel farmaco è molto noto tra le donne africane, che lo usano per provocare un aborto spontaneo senza rivolgersi alle strutture». Lo conferma Achille Chiomento, noto ginecologo bolzanino, che da anni segue le sue pazienti anche presso il consultorio Aied. Il medico interviene sull’indagine aperta dalla Procura, dopo che una ragazza musulmana è finita al pronto soccorso. Aveva ingerito un farmaco usato per curare l’ulcera gastrica. La giovane - in stato interessante - non voleva che i genitori scoprissero che era incinta e con l’aiuto di un’amica ha ingerito il medicinale. Subito dopo, però, ha avuto inizio l’aborto, provocando una grave emorragia.

Ma perché, visto che in Italia l’aborto fino al terzo mese di gravidanza è legale, ci sono ancora donne che rischiano la vita in questo modo? «Dobbiamo ricordare - prosegue il ginecologo bolzanino - che molte donne africane sono cresciute, sentendo il nome di quel farmaco. In Ghana, Nigeria o Senegal, se una donna decide di abortire, ha due possibilità: o ha i soldi per farsi ricoverare in una struttura ospedaliera privata, e i costi sono molto elevati, oppure acquista da trafficanti o sul mercato nero, quel medicinale, usato per curare l’ulcera, sapendo che provoca le contrazioni all’utero. E, ovviamente, la stragrande maggioranza delle donne, ricorre a questo metodo. Poi, quando arrivano in Italia, e decidono di abortire, spesso fanno quello che hanno sempre fatto: prendono una decina di pasticche di quel farmaco e poi arrivano in ambulatorio e si presentano con la confezione. Mi è successo, infatti, di ritrovarmi di fronte a donne che mi dicevano: “Ho preso questa medicina, ma l’emorragia non si ferma”. Ed è lì che dobbiamo intervenire».

Il ginecologo ricorda che il medicinale spesso non ha effetto e, soprattutto, le donne che ne fanno uso rischiano la vita: «Non si rendono conto che ognuno reagisce in modo diverso. Per quanto riguarda la giovane musulmana: che ci piaccia o meno, ci sono famiglie molto tradizionaliste e non mi sorprende il fatto, che la ragazza abbia cercato di abortire clandestinamente, per paura delle conseguenze. Ho pazienti, che vanno all’università, sono nate in Italia, ma se qualcuno cerca di infangare il loro nome, vengono da me con la madre e chiedono che io certifichi la loro verginità. Sono ragazze intelligenti, ma fanno parte di famiglie per le quali la verginità è essenziale».

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