Addio ad Alessandro, partigiano e farmacista Fondò la «Bonvicini»

L’inaugurazione nel 1966 con l’allora ministro Andreotti Aveva fatto la Resistenza nella Brigata Garibaldi


di Valeria Frangipane ; di Valeria Frangipane


BOLZANO. La clinica non c'era ancora. C'era una villa. Sempre lì, alle pendici del Guncina. E Alessandro (per tutti Sandro) Bonvicini la guardò per la prima volta negli anni Cinquanta come una possibile sfida della sua vita professionale. Anni prima suo papà Luciano, farmacista anche lui, era stato il primo sindaco di Bolzano dopo la Liberazione ed era morto nel 1952 quando Sandro aveva 26 anni. La clinica era rimasta un pensiero e così Sandro ed il fratello Giancarlo acquistarono l’edificio di via Pacher che in quegli anni ospitava ancora la caserma dei Carabinieri. E furono sempre loro - pochi anni dopo - a gettare le basi di una delle più grandi imprese di imprenditoria sanitaria e assistenziale bolzanine e ad inaugurare la clinica nel 1966 con il taglio del nastro ad opera dell’allora ministro Giulio Andreotti. Clinica ora gestita dal figlio Paolo, dai figli di lui, Matteo e Alessandro e dai discendenti di Giancarlo. Dal bisnonno ai pronipoti. Una dinastia di farmacisti con al centro la farmacia, quella storica, che oggi non c’è più, all'incrocio tra via Druso e viale Trieste, dove iniziava la salita per il ponte. Sandro Bonvicini, scomparso domenica sera a 90 anni - era nato a Livo in Val di Non nell’ottobre del 1925 - ed è stato quello che ha preso in mano, avviato e infine messo in sicurezza un lungo percorso familiare. Una vita di corsa, la sua. Come quelle di chi vuole fortemente realizzare il sogno per il quale vale la pena viverla. «Pensavamo non dovesse morire mai - dicono gli amici di sempre ma anche i figli di quegli stessi amici - sempre in forma, sempre attivo». É accaduto. Nella notte tra domenica e lunedì. Ma è accaduto con la sua famiglia accanto. La moglie Rita con la quale ha vissuto 66 anni e la figlia Lucia. «Mio padre - ricorda il figlio Paolo - era un uomo tutto d’un pezzo. Mosso da principi di onestà e solidarietà molto forti. Come imprenditore della salute ha sviluppato diverse iniziative, precorrendo i tempi. Grazie a lui è nata la clinica, il laboratorio Druso, il Centro emodialisi Alto Adige, il Centro di riabilitazione per cardiopatici Wieserhof ed il Servizio di Medicina del lavoro». Alessandro Bonvicini ha combattuto anche nelle file della Resistenza «uno di quelli che l’ha fatta veramente» - continua il figlio - «ma non ha mai raccontato nulla a nessuno». Bonvicini aveva fatto parte della Brigata Garibaldi che operava nella zona di Belluno. Lo scorso 25 aprile era stato insignito della medaglia della Liberazione che gli era stata consegnata dal prefetto Elisabetta Margiacchi e dall’Anpi. «Mio marito - disse allora la moglie Rita - ricorda ancora il giorno in cui arrivò la notizia che la guerra era finita. Rientrato da Feltre, si fermò in quella che oggi è la sede del Quarto corpo d'armata e la prima persona che incontrò era suo padre Luciano». I funerali di Alessandro Bonvicini si terranno giovedì alle 14.30 nella chiesa dei Carmelitani.













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