Affido: trentadue minori allontanati dall’Alto Adige

I servizi sociali e i giudici costretti a intervenire per sistemarli fuori dalla provincia Le motivazioni: «Genitori violenti o coetanei nocivi: vanno tenuti alla larga»


di Susanna Petrone


BOLZANO. Allo stato attuale sono 32 i minori sottratti alle famiglie d’origine per essere inseriti in strutture fuori provincia (centinaia di altri ragazzi sono stati invece affidati in Alto Adige): è quanto emerge nella risposta a un’interrogazione presentata al consiglio provinciale da Elena Artioli. La consigliera di A-Team, ha sottolineato che «la tutela degli affetti risponde a un superiore interesse del minore da tutelarsi al fine di favorirne il benessere e lo sviluppo armonico». Non solo, si è chiesta come mai non venisse garantita «la continuità degli affetti» e la «tutela delle relazioni».

La prima risposta, dunque, riguarda proprio il numero di adolescenti allontanati su segnalazione dei servizi sociali e collocati fuori provincia: «Sono 32 i minori che vengono seguiti secondo le linee guida provinciale dell’assistenza sociopedagogica di base per minori - collocati in strutture fuori provincia».

Nel 2010 erano 54 i minori “spostati” a tempo pieno, di cui 17 erano già stati collocati l’anno precedente. Nello stesso anno, 25 adolescenti avevano lasciato le strutture extra-territoriali. Nel 2011 sono stati 58 i minori collocati fuori provincia, di cui 29 erano già inseriti in un programma. Infine: nel 2012 sono stati 57 i minori assegnati a strutture fuori dall’Alto Adige.

Ma a che tipo di strutture vengono assegnati questi minorenni e per quale motivo? «Si tratta di tipologie diverse: strutture specifiche per bambine e ragazze, comunità alloggio sociopedagogiche, comunità terapeutiche, comunità mamma-bambino, strutture ad alta assistenza individuale sociopedagogica, case famiglia/comunità di tipo familiare, istituti socio-pedagogici, comunità educative e residenze assistite».

Sono diversi i motivi che spingono i servizi sociali a chiedere un allontanamento dalla famiglia di origine.

Si parla di abusi, maltrattamenti, ma anche di «amicizie sbagliate». «Il giudice prende questa decisione quando la condotta di uno o di entrambi i genitori appare pregiudizievole al figlio. Nella sua funzione di tutela, il servizio sociale ha il compito e l’obiettivo primario di provvedere con interventi e prestazioni mirate a sostenere la famiglia in modo che il minore possa crescere ed essere educato all’interno del proprio nucleo familiare. Il servizio sociale - si legge sempre nella risposta all’interrogazione - pianifica questi interventi dopo una valutazione approfondita della situazione familiare, collaborando in una rete con altri servizi e professionisti. Solo qualora questi interventi non siano sufficienti per promuovere un cambiamento e il disagio del minore rimane invariato ovvero tende a peggiorare, qualche volta anche per una mancata collaborazione da parte dei genitori, il collocamento temporaneo extra-familiare del minore può costituire una misura necessaria di tutela per il minore. Esistono ovviamente anche situazioni, dove gli incontri tra genitori e figlio devono essere accompagnati da professionisti, trattandosi per esempio di un genitore violento, o dove i contatti devono essere interrotti per un certo periodo». E infine: in alcuni casi non ci sono posti a disposizione in provincia e in altri «bisogna interrompere i contatti nocivi con coetanei del territorio di provenienza».

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