«Aiuto le madri del Togo, così realizzo il sogno di mio marito» 

In ospedale. L’impegno di Cristina Bortolotti, membro del direttivo del Gruppo missionario meranese che fa capo ad Alpidio Balbo Ha portato a Bolzano dal Togo Gabin che, con la ginecologa Verdi  del San Maurizio, si sta perfezionando nell’uso dell’ecografo


Antonella Mattioli


Bolzano. «Sono passati diciassette anni da allora, ma ho sempre in testa le parole di mio marito: “Dobbiamo fare qualcosa per aiutare quella povera gente. Non è possibile che le donne siano costrette a partorire su un materasso sporco, in una capanna di fango”». Era il gennaio del 2002 e Cristina Bortolotti stava tornando in Italia dal Togo assieme al marito Graziano, noto imprenditore bolzanino. Con loro Alpidio Balbo, fondatore del Gruppo missionario meranese: erano stati in Togo e in Benin, per vedere come le offerte raccolte anche in Alto Adige erano “diventate” pozzi, dispensari, scuole.

L’incidente

Graziano aveva già delle idee su quello che si poteva fare per aiutare in particolare le donne, ma non ha avuto il tempo di realizzarle. La mattina del 20 febbraio, mentre era diretto per un appuntamento di lavoro in Friuli, l’elicottero sul quale viaggiava - era lui ai comandi - si è schiantato in località Paladon di San Floriano, comune di San Pietro in Cariano, cuore della Valpolicella.

Per caso, quel giorno, non c’era Cristina, la moglie che quando volava era sempre al suo fianco.

Superati i giorni più difficili, lei si è ricordata dell’impegno assunto con se stesso da suo marito: “dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare di più”.

«Ho deciso - racconta - che avrei fatto io quello che Graziano non aveva avuto il tempo di fare. Così sono riuscita a superare la disperazione che per giorni mi aveva come pietrificata. È stato un modo per andare avanti. Sicura di averlo al mio fianco».

È così che Cristina, membro del direttivo del Gruppo missionario di Merano, ha dato vita ad un gruppo di sostenitori bolzanini, organizzando a casa sua degli incontri con Alpidio Balbo: voleva che i finanziatori conoscessero l’uomo che ha dedicato la vita ad aiutare nei loro Paesi le popolazioni dell’Africa più povera.

Voleva anche che il nome di suo marito rimanesse in qualche modo legato al Togo, ovvero a quel Paese lontano, che lo aveva segnato. «Il Gruppo missionario meranese aveva già intenzione di costruire un Dispensario, io assieme ai miei figli abbiamo deciso che con i soldi raccolti anche tra parenti e amici, avremmo realizzato anche la Maternità. Per evitare che le donne, nel Duemila, durante il travaglio dovessero stare su due materassi sporchi sistemati per terra; per poi essere spostate per il parto, su un tavolaccio di assi inchiodate».

La collaborazione

Il Centro di Godjeme, nel Togo, è intitolato proprio a Graziano Bortolotti.

Ed è dal cuore dell’Africa che arriva Gabin, 35 anni, infermiere, che in questi giorni, per la seconda volta in due anni, è all’ospedale San Maurizio, nel reparto di Ostetricia e ginecologia diretto da Martin Steinkasserer: sta facendo un corso di aggiornamento di cinque settimane sull’ecografo. Oggi come nel 2017, quando è arrivato a Bolzano per la prima volta, a seguirlo è la ginecologa Federica Verdi.

Ma regista dell’ “operazione” è ancora lei, l’intraprendente Cristina Bortolotti, che non si ferma mai e una volta all’anno parte per l’Africa, per controllare di persona come procedono i progetti finanziati dai benefattori altoatesini e non solo.

«Nel 2014 - racconta - un’amica ginecologa mi ha regalato l’ecografo che non usava più. Io l’ho portato, ovviamente, in Togo. Mi avevano assicurato che il corso per utilizzare l’apparecchiatura, preziosissima, per seguire lo sviluppo del feto durante la gravidanza, lo avrebbero fatto lì».

In realtà l’apparecchiatura è rimasta inutilizzata per un paio d’anni. «Fino a quando mi sono rivolta a don Jimmy della parrocchia Tre Santi. È stato lui a indirizzarmi dalla dottoressa dell’ospedale, Federica Verdi».

La ginecologa era disponibile: avrebbe aiutato Gabin ad imparare ad usare l’ecografo. Cristina lo avrebbe ospitato a casa per cinque settimane. Ma c’era un ulteriore problema da superare: l’infermiere originario del Togo parla francese, bisogna trovare una traduttrice. Detto e fatto: Lina Borghi, insegnante di francese in pensione, si era messa a disposizione.

L’infermiere del Togo

Dopo cinque settimane passate al San Maurizio, Gabin era tornato in Togo con un bagaglio di conoscenze preziose per quanto riguarda la gestione della gravidanza. In questi giorni, l’infermiere è di nuovo in ospedale, per un corso di aggiornamento. Questa volta a dare una mano per la traduzione c’è Andreè Guey, un’infermiera della Costa d’Avorio che lavora da anni al San Maurizio.

La ginecologa è soddisfatta dell’allievo: «Gabin studia e si applica moltissimo: sta facendo importanti progressi». E ancor di più lo è lui: «Prima quando le donne in gravidanza arrivavano al Centro, del feto non sapevamo praticamente nulla. Adesso grazie a quest’apparecchiatura riusciamo ad avere in anticipo diverse informazioni e ci comportiamo di conseguenza. Il lavoro è aumentato: se nel 2017 abbiamo avuto 123 visite prenatali, nel 2018 sono state 160; 58 nascite nel 2017 e 82 lo scorso anno».

È un altro traguardo importante raggiunto grazie alla collaborazione di più persone: una moglie che è riuscita a superare il dolore per la perdita del marito impegnandosi in prima persona per l’Africa; una ginecologa, impegnata nel sociale; un’infermiera della Costa d’Avorio che fa da traduttrice. E tante altre persone che in Alto Adige con piccole e grandi offerte contribuiscono ai progetti di Alpidio Balbo.















Altre notizie

Attualità