Ale su Youtube: «Lotto per la vita»

Racconta su Youtube con una semplicità disarmante la lotta a una malattia "bastarda"


Alan Conti


BOLZANO. Racconta su Youtube con una semplicità disarmante la lotta a una malattia "bastarda" e con l'obiettivo ben fisso davanti a sé: trasmettere l'importanza della donazione di midollo osseo. Alessandro Polì, 11 anni, per tutti "il piccolo Ale" che lotta contro la leucemia, si è messo davanti a una telecamera e con lo scorrere di immagini e musica della sua vita, ha cominciato a raccontarsi.

Ne è nato un ">video che l'Admo (Associazione donatori di midollo osseo) ha caricato su Youtube innescando quel circolo veloce e stavolta non vizioso della trasmissione attraverso i social network. D'altronde proprio la mamma di Ale, Emanuela Imprescia, da tempi cura una pagina su Facebook intitolata "Polì Ale: un midollo per la vita" che ha raccolto attorno alla lotta di questo bambino bolzanino oltre 15.500 persone.

Nel video è Ale che prende la parola rapendo lo sguardo nel monitor e non lasciandolo fino alla fine. «Io sono Ale e sono un bambino un po' speciale, ma non lo sono stato sempre. A 4 anni e mezzo mi sono ammalato e ho cominciato la mia battaglia: il mio avversario si chiama leucemia linfoblastica acuta e purtroppo colpisce molti bambini. Come mi sono ammalato ho cominciato i primi cicli di chemio in isolamento, ma alla fine la battaglia sembrava vinta e per tre anni è andato tutto bene: sono tornato a scuola, ho giocato a basket e ho viaggiato con la mia famiglia».

D'un tratto, però, Ale scivola di nuovo nell'incubo. «Durante uno dei frequenti controlli cui ero sottoposto mi hanno detto che la malattia era tornata, ma stavolta non bastavano le devastanti cure che ben ricordavo: serviva qualcosa di più, un gesto unico e smisurato come la donazione. Serviva, però, la mia gemella genetica chissà dove nel mondo e chissà se già risoluta a diventare donatrice di midollo osseo».

La fortuna, però, stavolta si svela. «Beh, lei c'era!» - riparte con rinnovato vigore Ale - e la sacca contenente le sue cellule staminali arriva così a Padova il 3 maggio 2011. «Così ho potuto fare il mio trapianto. Dopo 72 giorni di isolamento completo ho potuto nuovamente cominciare la mia vera rinascita». La battaglia, tuttavia, non è ancora finita. «Vivo da più di un anno isolato, frequentando pochissime persone. Vado a scuola in videoconferenza e attendo il giorno in cui i farmaci non serviranno più e potrò vivere una vita normale».

Non tutti, comunque, possono arrivare a questa speranza. «Penso spesso che io la mia opportunità l'ho avuta, ma tanti ancora non la trovano perché i donatori sono pochi e le compatibilità difficili. E' ingiusto che troppi non possano affrontare la propria battaglia perché qualcuno non ha teso la mano o ha deciso di non donarsi per ridisegnare una vita. Noi chiediamo solo di poter diventare grandi».

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