Alto Adige, gli immigrati terzo gruppo

di Luca Fazzi


Luca Fazzi


Nei giorni scorsi sono stati pubblicati i dati relativi alla presenza di stranieri in provincia di Bolzano. Gli stranieri regolari sono circa 40.000 e costituiscono ormai l’8% della popolazione residente. Con questi numeri gli stranieri sono diventati più del doppio dei ladini e quasi la metà degli italiani.
I quali nel Censimento del 2011 dovrebbero rappresentare tra il 19 e il 21% della popolazione provinciale. Il tasso di ingresso degli stranieri è in crescita dalla metà degli anni 90 e, dopo una breve fase di stasi nel periodo della crisi economica, ha ricominciato a salire rapidamente. Gli stranieri sono di età media molto più giovane dei locali e hanno un tasso di natalità superiore a quello medio provinciale pari a 1,56 nati per donna (1.80 circa per il gruppo tedesco e 1.20 circa per quello italiano a fronte di un tasso di rimpiazzo della popolazione fissato a 2,1). Il divario tra il tasso di sviluppo dell’economia locale una tra le più ricche d’Europa e le economie dei paesi da cui provengono gli stranieri è talmente abissale da garantire un flusso costante della popolazione straniera verso la provincia di Bolzano per i prossimi venti anni almeno. Le stime di molti organismi internazionali che parlano di un’Europa nel 2050 abitata tra il 40% e il 50% da cittadini di origini extraeuropee rappresentano l’orizzonte a cui anche la realtà locale sta inesorabilmente tendendo. I sostenitori dell’Autonomia come modello perfetto di gestione del futuro della provincia di Bolzano preferiscono non addentrarsi troppo nella tematica dei nuovi flussi di immigrazione. La distinzione tra buoni e cattivi è eventualmente tra i fautori di un etnicismo moderato che accettano le basi della separazione etnica come presupposto di una convivenza civile e gli etnicisti radicali che perseguono invece il distacco anche fisico tra i gruppi. L’orizzonte delineato da questo modo di rappresentare la scena è asfittico. Lo spazio per la convivenza e i diritti ad essa correlati è occupato soltanto dagli attori che lo Statuto di autonomia vecchio ormai di 40 anni riconosce come legittimi portatori di diritti ascrittivi: i tedeschi, gli italiani e i ladini permettendo al massimo agli altri di dichiarare la propria aggregazione a uno dei tre gruppi ufficialmente riconosciuti. In questo quadro di pensiero, gli stranieri non sono stati per molto tempo semplicemente considerati. Ancora prima di essere desiderati o meno, non esistono come categoria mentale. I dati che indicano come l’immigrazione sia un fenomeno ormai parte integrante delle dinamiche socio demografiche locali hanno colto dunque i politici locali di sorpresa. Nell’anno 2010, il segretario del partito di raccolta Richard Theiner ha recentemente cercato di fornire una soluzione al problema inquadrandolo nello schema mentale istituzionalizzato. “Gli stranieri non li avremmo desiderati ma visto che ci sono e non siamo n grado di mandarli via (anche perché altrimenti metà economia locale - ristoranti, esercizi turistici, piccola industria - rischierebbe di saltare in aria) dobbiamo integrarli”. Anche perché altrimenti il rischio è che, una volta acquista la cittadinanza, si dichiarino italiani e spostino gli equilibri della proporzionale etnica che costituisce ancora oggi la leva attraverso la quale la SVP è convinta di ridurre nel medio periodo al minimo la consistenza del gruppo linguistico italiano. E’ mutatis mutandis lo stesso ragionamento che faceva qualche anno fa l’allora assessore provinciale alla cultura italiana Luisa Gnecchi quando difendeva la presenza crescente degli studenti stranieri nelle classi delle scuole italiane immaginando che poi i “nuovi cittadini” si sarebbero dichiarati italiani ai prossimi censimenti fornendo ossigeno a un gruppo linguistico in molte parti della provincia a rischio estinzione. Quello che emerge da questo modi di ricondurre tutti i problemi sociali, economici e politici allo schema di una società divisa (e contesa) tra italiani e tedeschi è ciò che in termini tecnici viene chiamato “disgrazia del vincitore”. Quando si è abituati tropo a vincere però il rischio è di dare per scontato che gli schemi mentali e le soluzioni adottate in passato siano per sempre valide per gestire il futuro. L’aumento irrinunciabile e, allo stesso tempo, incontenibile della presenza straniera in provincia di Bolzano rompe invece brutalmente la validità dei vecchi schemi. Gl stranieri aumentano la pluralità dei gruppi etnici presenti in provincia. Distruggono le vecchie polarizzazioni tra italiani e tedeschi. Impongono una revisione radicale del sistema dei diritti su cui fino ad oggi si è fondata la vecchia autonomia. Che piaccia o meno, anche la società locale sarà nei prossimi anni più differenziata e più plurale rispetto al passato. Come si può immaginare allora anche per il futuro di continuare a categorizzare la società solo in italiani tedeschi e ladini? Come fare a giustificare all’Europa una tutela di una minoranza in un mondo di minoranze? In che modo si può gestire il fenomeno dell’integrazione in base all’assunto secondo il quale ogni cittadino straniero per essere integrato nella società locale deve accettarne e interiorizzarne i valori e la cultura? La fine del sogno della società basata sulla divisione etnica ha iniziato ad avvenire lentamente senza che nessuno sia in grado di fermare il flusso della storia. Non sarà la Svp. Non sarà Theiner. Non sarà Durnwalder. Non saranno le alleanze tattiche o strategiche con il Pdl o il Pd. Lasciamo che i politici locali discutano pure di eliminare i toponimi italiani, o di mantenere ad infinitum le scuole separate. La storia non ha pietà di chi si sofferma troppo a osservare il proprio ombelico.

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