Alto Adige: il governo ordina di sostituirei cartelli. Durnwalder: "Me ne frego"

Luis Durnwalder incassa la prima procedura di poteri sostitutivi mai varata da un governo contro la Provincia. La reazione del presidente è decisa: "Presenteremo ricorso alla Corte costituzionale. Me ne frego del loro richiamo". E’ arrabbiato per la diffida contro di lui varata dal Consiglio dei ministri su richiesta del ministro Fitto. "Continuerò a cercare una soluzione che non pregiudichi la buona convivenza tra i gruppi"


Francesca Gonzato


BOLZANO. Luis Durnwalder incassa la prima procedura di poteri sostitutivi mai varata da un governo contro la Provincia. La reazione del presidente è decisa: «Presenteremo ricorso alla Corte costituzionale». E poi: «Me ne frego del loro richiamo».
E’ arrabbiato Luis Durnwalder per la diffida contro di lui varata ieri dal Consiglio dei ministri su richiesta del ministro Fitto. Già ieri mattina, sentiti i consiglieri più fidati, ha messo a punto la linea di condotta. Ma dopo lo sfogo «me ne frego», nel pomeriggio una nota ammorbidisce i toni.
«Continuerò a cercare una soluzione che non pregiudichi la buona convivenza tra i gruppi. Una soluzione almeno provvisoria fino alla nuova legge, che sia dettata dal buonsenso», così Durnwalder. L’oscillazione dà conto della situazione inedita con cui Provincia ed Svp si misurano in queste ore.
Presidente, il governo le chiede di ripristinare i cartelli bilingui o affiderà poteri sostitutivi al Commissariato del governo. Come si comporterà?
«Presenteremo ricorso alla Corte costituzionale. Il loro provvedimento non sta in piedi e il ministro Fitto sbaglia indirizzo. Non sono stato io a mettere i cartelli. La segnaletica della Provincia, sulle strade e nei parchi, è sempre bilingue, quindi non possono chiamare in causa me. Quelli monolingui sono stati installati da terzi e non spettava a me prescrivere come gestirli (ma in realtà la Provincia aveva richiamato l’Avs al rispetto del bilinguismo, ndr)».
Il governo si appella a un articolo della Costituzione molto preciso.
«Ma quello vale per violazioni di legge gravi, mentre io, ribadisco, non ho violato nulla. Caso mai l’errore è stato dell’Avs. Secondo, avrebbero dovuto convocarmi alla seduta del consiglio dei ministri, visto che deliberavano un provvedimento di tale gravità. E’ una regola precisa. Insomma, siamo pronti a ricorrere alla Consulta».
Al di là degli aspetti giudiziari, c’è un problema che invece di essere risolto si sta ingigantendo. Non pensa di avere resistito troppo all’accordo?
«Ma sono sempre stato disponibile e lo resto. Volevo esattamente evitare che questa storia sfociasse in un problema italiani-tedeschi. La toponomastica può essere risolta con buon senso, ne resto convinto. Il gruppo tedesco sa che nomi di Comuni, frazioni e altro ancora devono essere anche in italiano. Gli italiani non sono così interessati ad avere bilingui anche i nomi di prati e malghe. Siamo ridotti in questa situazione perché non riusciamo a fare la legge sulla toponomastica: ci ho provato, ma la destra italiana l’ha bloccata con l’ostruzionismo».
Cosa accadrà se non troverete un accordo?
«Temo una escalation etnica. Come dicevo prima, le cose andavano bene, adesso invece c’è il rischio che esploda un problema politico. Con questa provocazione di Roma possono nascere problemi da entrambe le parti».
Il problema l’hanno creato Avs e associazioni turistiche con 36 mila cartelli solo in tedesco.
«Li ho sgridati e adesso il governo se la prende con me. Non è da ridere?».
Avesse ceduto su qualcosa, il caso sarebbe chiuso.
«Non potevo firmare un accordo che mi chiedeva di tradurre tutti i toponimi con una commissione Durnwalder-prefetto sui casi dubbi: non possiamo anticipare la legge».

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità