Andrea e Stefania testimonial dell’Aido in ricordo del padre

I fratelli Gigliotti impegnati a sensibilizzare i giovani «Il nostro papà è morto attendendo un fegato nuovo»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Abbiamo vissuto l’angoscia dell’attesa di un organo, il fegato, che avrebbe potuto dare una speranza a mio padre. Purtroppo, quando è arrivato, era ormai troppo tardi. Nostro padre, prima di morire, ha autorizzato la Clinica universitaria di Innsbruck ad utilizzare i suoi organi e i suoi tessuti a fini scientifici. Ci ha lasciato una sorta di testimone che vogliamo portare avanti». L’esperienza personale, fatta di speranza e dolore, ha portato i fratelli bolzanini, Andrea e Stefania Gigliotti, rispettivamente 29 e 31 anni, ad entrare nel direttivo comunale dell’Aido, l’associazione italiana donatori di organi, diventando speciali testimonial nell’attività di sensibilizzazione, fatta anche a livello scolastico: l’ultimo incontro con gli studenti il 20 dicembre al Liceo Pascoli, al quale hanno partecipato anche il presidente del gruppo di Bolzano Ulderico Squeo e Gianfranco Maffei, che ha portato la testimonianza di chi deve tutto ad un gesto di generosità.

Il calvario di Michelangelo Gigliotti, che lavorava in Municipio come usciere e messo ed è morto a 57 anni, è iniziato l’11 giugno del 2011, quando gli esami evidenziarono un’ombra sospetta al fegato. «Era un tumore - racconta Stefania - non operabile, per questo i medici optarono per la termoablazione. Dopo il primo trattamento ci eravamo illusi, ma è durata poco. È stato necessario un nuovo trattamento: era l’ottobre del 2012 e da quel momento le cose hanno cominciato a peggiorare».

C’era un’unica possibilità: il trapianto. Il 3 marzo del 2013 era nella lista d’attesa per un fegato a Innsbruck. Da quel momento ogni volta che squillava il telefono si sperava fosse la chiamata tanto attesa.

«Dopo due settimane, un tempo brevissimo - racconta Andrea - c’era già un donatore e un fegato compatibile. Purtroppo però, i medici non avevano potuto trapiantarlo, perché era cirrotico».

Una grande delusione sia per il malato che per i suoi familiari, anche perché le condizioni di Michelangelo stavano rapidamente peggiorando.

Il 15 aprile, quando ormai era ricoverato in terapia intensiva ad Innsbruck, si presentò una seconda opportunità. «I medici decisero di provare nonostante le condizioni di nostro padre fossero critiche. Chiesero a lui l’autorizzazione, dicendogli chiaramente che l’intervento era ad alto rischio. Ma le sue ultime parole furono: “Fatelo, perché questa non è vita”».

Ennesima corsa dei figli da Bolzano ad Innsbruck, ennesima delusione: l’intervento era durato poco, perché il trapianto si era rivelato impossibile: troppo compromesso il quadro complessivo. «Nostro padre è morto il giorno successivo. Nel suo portafoglio abbiamo trovato un bigliettino dell’Aido e abbiamo deciso che ci saremmo impegnati per sensibilizzare, soprattutto i giovani, sull’importanza della donazione».

In Alto Adige 11 mila iscritti all' Aido, o comunque donatori potenziali in quanto negli elenchi delle Asl, rappresentano all'incirca il 2% della popolazione. E questo spiega in parte perché espianti e trapianti di organi sono ancora pochi in Italia, ma particolarmente in provincia di Bolzano, meno di una decina nel 2014, in calo rispetto al 2013. Purtroppo Andrea e Stefania, come gli altri volontari dell’Aido, si trovano spesso a fare i conti con la tenace sopravvivenza di pregiudizi e disinformazione, che inducono in molti casi i familiari delle vittime di incidenti a negare l' espianto di organi. L’associazione si aspetta entro primavera la svolta spesso sollecitata: si tratta di consentire ai Comuni - Bolzano e Merano hanno già aderito - di raccogliere in occasione del rilascio o del rinnovo della carta d’identità una dichiarazione in cui il cittadino si dica disponibile o meno alla donazione degli organi in caso di decesso. Ciò rappresenterebbe una speranza in più per chi è in lista ’attesa.













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