Benvenuti a Don Bosco il nuovo disagio è qui 

Alle politiche boom di M5S e Lega. I residenti: «Bolzano ricca? Non per noi» La paura degli stranieri, l’insicurezza e la povertà condizionano il voto 


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Non arrivare a fine mese. Pronunciata troppe volte, non fa più male. Claudia Boscolo apre la cassa del bar «Don Bosco». Tira fuori una manciata di monete. «Mi accorgo che siamo arrivati al 23, 24 del mese quando mi riempio di monetine da 5 centesimi. Le persone si pagano il caffè così, con i 5, i 20 centesimi. Bolzano è ricca, dicono. Ma ricca per chi?».

In tutta Bolzano il Movimento 5 Stelle è diventato il primo partito, seguito da Pd e Lega. Ma quando attraversi i quartieri popolari, i numeri si alzano, il M5S diventa ancora più forte, la Lega si prende il secondo posto, CasaPound arriva al 7 per cento di Oltrisarco, al 5 per cento di Europa-Novacella, all’8 per cento di Don Bosco.

È un voto di protesta, si è detto. Ma protesta per cosa? «Perché semplicemente non si può pensare che ci sia una novità e le persone vogliono provarla?», ribatte Aldo Munari, che con il suo banco di rosticceria gira i mercati cittadini e si è conquistato la fama di una specie di istituto di sondaggio da strada. Esiste sempre la Bolzano divisa in due, quella italiana e quella tedesca, creazione urbanistica e sociale. Ma dopo la crisi (delle fabbriche e di tutto) semplicemente esiste la Bolzano che ce la fa e quella che fa fatica. Anche con l’autonomia, il welfare, le tante case Ipes, il Comune e la Provincia. Tanta rabbia, gli stranieri come bersaglio (profughi, residenti, di seconda generazione), fatica, le isole che resistono.

Abbiamo incontrato persone a Europa-Novacella (M5S al 23%, Lega 19%, Pd 18,%) e a Don Bosco (M5S 26%, Lega 19%, Pd 16%). Il Pd perde voti, la sinistra sta peggio. Potere al popolo ottiene l’1,5 nei due quartieri, Liberi e uguali il 5% a Europa, il 3% a Don Bosco. Una storia di scollegamento raccontata da anni. Al mercato del giovedì di via Rovigo passa una giovane coppia, il bambino nel passeggino, lei bionda, lui africano. Sembrano una apparizione. Un gruppetto di pensionati, tutti uomini. Francesco, Angelo, preferiscono dare solo il nome. «Meno male che ce l’avevano con i fascisti. Questi sono peggio». Questi chi? «Quelli che decidono. I tedeschi hanno due grandi partiti, la Svp e i Freiheitlichen, gli italiani sono capaci solo di dividersi e non contano niente». Francesco spiega di aver votato per il Movimento 5 Stelle: «Ma sarà il caos, se governeranno e allora arriverà l’Europa». Perché a Bolzano vincono M5S e Lega? La disoccupazione sotto il 3% non basta? «Siamo la città più cara di Italia. Se hai una pensione da 600 euro dove sbatti la testa?». E poi? «Vogliamo parlare degli extracomunitari negli alberghi? Ci credo che la gente sia arrabbiata». La pancia dice che siamo ancora a italiani contro tedeschi? Passa Freddy, tra i banchi del mercato: «Per lavoro ho girato le valli per trent’anni. Quando gli servi, tutti gentili. Altrimenti non ti guardano in faccia. Siamo arrabbiati, sì. Qui costa tutto troppo». E di nuovo gli stranieri negli alberghi. «Rispedirli a casa, bisogna», dice Rino Parolo, «Le vedove vivono con 400 euro e manteniamo i profughi negli hotel». Lella è di origini napoletane: «Penso che siamo tutti un po’ smarriti e mancano i politici veri, quelli di una volta, che sapevano guidare». Voce fuori dal coro, Ugo Piccoli, titolare di una impresa edile. Ha sentito parlare di «quelli là negli hotel». Alza le spalle: «A chi dice queste cose consiglierei di farsi qualche giorno nei centri in Libia. Non so se anche da noi M5S e Lega facciano il pieno per la rabbia. Secondo me, siamo troppo viziati, partiamo con il lamento automatico. A Bolzano si sta bene e Caramaschi prova a fare le cose. Io sono di centrosinistra, ho votato per la Bonino, credo nell’Europa. Ci accusano di buonismo». Aldo Munari distribuisce i suoi polli arrosto: «Al mercato la gente è arrabbiata, sì. Non siamo abituati ad avere paura, ad avere le case svaligiate, agli stranieri che arrivano». Enrico Lillo è un politico in via di estinzione, un moderato di centrodestra. La sua lista «Noi con l’Italia-Udc» ha preso in città lo 0,43%. Tentenna, ma non molla. È consigliere di circoscrizione a Don Bosco: «Dicono che sono troppo pacato. È diventato strano, fuori luogo, stare attaccati alle cose, cercare la soluzione. Certo che c’è un problema con i richiedenti asilo. Ma quando ho smesso di urlare, cosa ho ottenuto? Preferisco pensare che chi ha gli strumenti per decidere non dovrebbe dare retta ai capricci di qualche sindaco. Se ogni Comune accogliesse, ci sarebbero dieci richiedenti asilo per ogni località». Lillo non parla di crisi: «Più concretamente, siamo nella stagione della fame. Nelle difficoltà incontri solidarietà, carità, e la rabbia. Salvini ha una responsabilità nella canalizzazione del malessere contro alcuni bersagli, ma non è l’unico». Bisogna lavorare e seminare. A Don Bosco si intrecciamo molti progetti. Sono in campo il Comune e la Provincia, volontariato e cooperative. Hanno aperto da poco le «Botteghe di cultura», negozi sfitti dell’Ipes assegnati a coop e associazioni, che devono coinvolgere i residenti. La «Vispa Teresa» è la cooperativa pioniera dei progetti di sviluppo di comunità, da Oltrisarco a via Ortles e Casanova. Maneggiare le difficoltà, provare a impedire la reazione chimica che produce rancore. «Organizziamo tante cose. Facciamo breccia dove offriamo servizi che colmano un vuoto, anche assistenza di base. Poi insistiamo con i progetti culturali, perché ci deve essere qualcosa di diverso dal discorso da bar», racconta Andrea Sacchet, direttore della cooperativa «Officine Vispa», «La zona di via Ortles ha trovato un suo equilibrio, anche se sta tornando lo spaccio. Casanova era la speranza, ma vi si intrecciano troppe storie diverse, l’Ipes, le cooperative italiane e quelle tedesche, il rapporto con gli stranieri di seconda generazione, con i nomadi. A Casanova c’è tanto lavoro da fare». In piazzetta Anne Frank c’è «Svicoland», il progetto di sviluppo comunità della Vispa Teresa. Traduce Sacchet: «Porte aperte sette giorni su sette, tombola per anziani, progetti per famiglie, gruppi pescatori. Una sola condizione: no ai club separati, dialogo e rispetto». A metà mattina il bar «Don Bosco» è troppo tranquillo. «Qualche anno fa non avrei avuto il tempo di fermarmi. Hanno chiuso due banche e sta sparendo anche il giro delle mamme», racconta Claudia Boscolo, «Venivano per il caffè, dopo avere lasciato i bambini a scuola. Hanno iniziato a lavorare, credo, e probabilmente si contano anche gli euro». Calcio e donne, chiacchiere da bar. Archeologia. «Qui sento parlare solo di stranieri e soldi che non bastano», dice la barista. Navigare controcorrente. In piazza Don Bosco c’è la bottega delle Formiche, abiti e prodotti solidali. Ci lavorano signore volontarie. La politica aziendale è cortese ma ferma. I discorsi xenofobi non sono benvenuti. Anna Pasqualin è la proprietaria del negozio «Mercerie Don Bosco». L’altro giorno ha incontrato il sindaco Caramaschi: «Abbiamo già sprecato una grande occasione, quando il Comune non ha realizzato piazza Don Bosco. Hanno detto che era meglio il fazzoletto di erba con un paio di panchine. Adesso arrivano i soldi di Benko al Comune. Per favore, ho detto al sindaco, datene una parte ai quartieri e pensate bene a come usarli».

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