Bolzano: il '900 raccontato con le foto

Fabbrica del Tempo: la mostra sull'Alto Adige da giovedì al Cristallo


Marco Rizza


BOLZANO. Si vede, in una impressionante fotografia in bianco e nero scattata dall'alto, corso Libertà invasa da mezzi militari: una sfilata militare datata 1962, ma bisogna proprio leggere la didascalia per non scambiarla per un'invasione. Si cambia scenario e in un'altra foto, questa volta a colori, si vedono operai della Lancia in corteo durante uno sciopero (e, per restare alla Zona industriale di Bolzano, una magnifica immagine della sala forni «Bolzano 1» dell'Alumix, oggi demolita).

C'è il famoso scatto che riprende gli optanti in partenza che salutano i familiari alla stazione, e una rara immagine dei lavori di costruzione del palazzo Ina (1938). E ancora: una scena della manifestazione del Vateländische Front ad Innsbruck nel 1937 e due giovani donne sorridenti fotografate in bicicletta, in via delle Corse a Merano, tra la fine degli anni Quaranta e i primi Cinquanta.

E si potrebbe proseguire a lungo nella descrizione: ma è meglio andarsele a vedere dal vivo, queste e tante altre fotografie. Si tratta della mostra «Sguardi sul Novecento - Blicke ins 20. Jahrhundert», organizzata da La Fabbrica del Tempo, e che sarà inaugurata giovedì alle 18 al Teatro Cristallo di via Dalmazia a Bolzano (resterà aperta fino al 29 ottobre con orario 9-13 e 15-20; ingresso gratuito).  In effetti non si tratta di una esposizione ordinaria.

La Fabbrica del Tempo, associazione culturale tra le più attive nella valorizzazione della memoria storica del Novecento altoatesino, celebra così i primi 15 anni della sua attività: con un'ampia selezione del suo patrimonio fotografico - spesso inedita - presentata al pubblico. Un viaggio nella storia del Novecento in Alto Adige attraverso immagini che fissano per sempre momenti importanti ma anche privati, in ogni caso tasselli fondamentali per mantenere (o ricostruire) la memoria di una comunità. Di un'intera comunità, senza distinzioni etniche.  Il percorso espositivo è diviso in sei sezioni: «Lavoro», «Memoria privata», «Sguardi plurali», «Preservare la memoria», «Le donne», «Un patrimonio inedito». Questi stessi titoli caratterizzano i saggi ospitati dal catalogo. Un volume bilingue - e già questo dà il senso del lavoro della Fabbrica del Tempo - con interventi di Andrea Bonoldi, Ivan Dughera, Alessandra Zendron, Hans Hessi, Rosanna Pruccoli, Christoph Hartung von Hartungen, Italo Ghirigato e Umberto Tecchiati.  Una mostra per salvare la memoria. Che è poi il titolo del saggio di Heiss. Salvarla, racconta ora lo storico, anche dalle celebrazioni: «In Alto Adige - afferma - assistiamo ad un paradosso. Da un lato c'è l'esaltazione delle date ufficiali, delle giornate commemorative.

Ce ne sono tantissime: la giornata della memoria, quella delle foibe, l'anniversario della morte di Hofer, l'anniversario del De Gasperi - Gruber... Dall'altro però c'è un drammatico indebolimento della «memoria activa», di quella cioè che viene trasmessa da persona a persona, da generazione a generazione, e che ti aiuta a capire i cambiamenti del mondo. Siamo invasi dal presente e dall'informazione e stiamo perdendo il ricordo del passato. Tutte quelle celebrazioni ufficiali sono per lo più rituali, aggiungono poco alla nostra memoria e il giorno dopo sono già dimenticate». Un esempio è proprio l'anno hoferiano: «Abbiamo celebrato per 14 mesi un personaggio di cui, certo, ora sappiamo qualcosa in più: ma è fallito il progetto di fare leva sulla memoria collettiva, le celebrazioni sono passate e a noi è rimasto pochissimo».  L'indebolimento della memoria è anche dovuto, secondo Heiss, ai mutamenti del paesaggio in Alto Adige: «Il territorio conserva la nostra memoria, ne è per così dire il serbatoio. Un grande foglio di carta su cui si scrivono le memorie. Gli edifici, i paesaggi, anche solo i nomi delle vie sono i segni della memoria. Ma negli ultimi 20 anni l'Alto Adige è cambiato più che nei 50 anni precedenti e questo mutamento radicale ha modificato anche il nostro rapporto con la storia: ci stanno venendo a mancare le ancore che ci legavano al passato, si stanno perdendo i riferimenti anche personali».

Anche per questo, conclude, «è importante l'attività della Fabbrica del Tempo e la mostra che sta allestendo. Poche associazioni si sono assunte con tale responsabilità il compito di difendere la memoria e seguire i cambiamenti dell'Alto Adige nel Novecento. Ed è importante anche la decisione di pubblicare il catalogo bilingue: dimostra che ormai la Fabbrica rappresenta tutti i gruppi del nostro territorio».

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