Bombaroli, la mostra non convince 

Attentati come contributo all’autonomia? Le violenze non sono mai giustificate



BOLZANO. Il 23 gennaio del ’66 nelle edicole di Bolzano arrivò anche la "Domenica del Corriere". E con lei, la mitica copertina di Beltrame, che era uno sguardo a colori sul mondo. Solo che quella mattina parlava di noi: "Sono entrato nel covo di Radio Tirolo" recitava il titolo. E il testo: "Il nostro inviato Vittorio Lojacono ha raggiunto in Austria la stazione radio clandestina ... da cui partono gli appelli anti italiani...".

Inverno freddo, quello del ’66 e anni bui per l’Alto Adige. Bombe, attentati. Anche morti: finanzieri, alpini, civili, carabinieri. C’è chi ricorda che allora, quando si andava in vacanza al mare, se si aveva la macchina con targa "bz", ti fermavano a controllare il bagagliaio. Ecco, oggi a tanti anni di distanza quella copertina è tornata a Bolzano. Si trova salendo una scala dopo un portone davanti al municipio, in vicolo Gumer, a fianco della sede della Südtiroler Freiheit e vicino a quella dell’Heimatbund. È dentro un piccolo antro, la "Domenica", ed è appesa accanto alla radio originale usata dal Bas (Befreiungsausschuss Südtirol), il «Fronte per la liberazione del Sudtirolo». Sembra di esserci, dentro la cantina da cui trasmettevano allora: tutto buio, pareti nere. Vicino, nelle vetrine, anche le manette di allora, usate nei processi e dopo gli arresti (ma di tutti i possibili malcapitati, non certo solo per i sudtirolesi...) a qualche cappello etnico, tante foto dei "bravi ragazzi" e anche una bomba. Pure un meccanismo a orologeria. Sono i cimeli degli anni degli attentati, posti in un ambiente talmente angusto da apparire funereo. Infatti il titolo è "Bas, sacrifici in nome della libertà" ma in mezzo agli eroi eponimi ci sono tanti morti da ricordare, purtroppo quasi tutti italiani. Una mostra ambigua, questa, finanziata a più mani dall’Andreas Hofer Bund tirolese, con cimeli raccolti da Sepp Mitterhofer per l’Heimatbund, appoggiata dal suo presidente Roland Lang, capitata a pochi metri dalla sede di Südtiroler Freiheit. Con prefazione anche di Bruno Hosp, ex assessore Svp. La quale Volkspartei si sta tenendo finora alla larga dall’evento. Ma i cui obiettivi, della mostra, sono molto chiari. "Chiunque abbia vissuto quegli anni - scrive infatti Hosp - non nutrirà dubbi che quegli avvenimenti contribuirono all’autonomia di oggi". E Lang: "Non glorifichiamo la violenza o il terrorismo ma evidenziamo quello che un popolo può arrivare a fare". Tesi condivisa, naturalmente, dal curatore scientifico: "Quelle bombe non hanno danneggiato il Pacchetto, anzi - ha detto ieri mattina alla presentazione Hubert Speckner - l’hanno favorito". E poi aggiunge, per parare gli attacchi polemici giunti in questi giorni alla rassegna: "Il titolo non va frainteso, io parlo anche nel catalogo di tutte le vittime. Quindi pure delle italiane. E devo dire che anche loro, nonostante tutto, hanno contribuito a far giungere a buon fine il Sudtirolo pacificato come lo vediamo oggi...". Tesi ardita. Che è già stata sottoposta ad ampie critiche e che non trova consensi unanimi neppure nella Svp, nonostante più volte lo stesso Magnago non abbia mai esplicitamente condiviso, pur se implicitamente tollerato l’azione del Bas. E Speckner offre anche documentazione inedita, tratta dagli "archivi originali della Finanza", dalla quale si potrebbe anche riscrivere la storia di alcuni episodi sanguinosi: "L’attentato della val di Vizze - dice ad esempio - in cui morì il povero Bruno Bolognesi, non fu un attentato. L’esplosione non venne provocata da una bomba Bas - sostiene - ma da una bombola del gas difettosa. Se non fosse stato così, tutti quei chili di esplosivo non avrebbero lasciato in piedi nulla. E invece...". Ma le altre bombe erano, purtroppo, "originali". Tuttavia il significato pienamente politico della mostra è evidente. "Non si vuole glorificare", dice Lang, me sicuramente la rassegna mitizza quegli eventi, li colloca in un contesto incompleto, con una visione univoca, quasi che l’Italia tra gli anni ’60 e gli Ottanta fosse la Siria di oggi e i sudtirolesi i curdi uccisi e oppressi. Ci furono certamente situazioni ambigue e contraddittorie ("penso al ruolo di Gladio e dei servizi e nasce allora la strategia della tensione " cita Speckner) ma la stessa storia della Svp, il lavoro della Dc di quegli anni, il ruolo delle diplomazie ci dicono che un’altra strada era ed è stata possibile. E che si sarebbe potuti arrivare, dentro l’Europa, a quello che siamo oggi anche senza quella scia interminabile di poveri morti e di sangue. "Comunque abbiamo invitato tutti - dicono gli organizzatori - pure i carabinieri..."(p.ca)













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