Brunico, un anno con i profughi

Bilanci positivi per i 36 ospiti a Casa San Giuseppe: molti lavorano, l’integrazione è buona


di Fausto Da Deppo


BRUNICO. Un anno fa, il 1° ottobre 2015, Casa San Giuseppe a Brunico accoglieva i primi sedici richiedenti asilo. L'anniversario prende oggi i contorni della festa, perché l'inserimento dei nuovi arrivati, che nel frattempo sono diventati 36 e potrebbero in futuro essere 42, è andato bene, il bilancio dell'esperienza è positivo.

L'assessore agli affari sociali Ursula Steinkasserer Goldwurm e il sindaco Roland Griessmair colgono l'occasione del compleanno per dire “grazie ai cittadini di Brunico e in particolare a ci abita nei pressi di Casa San Giuseppe per l’accoglienza e la comprensione dimostrata nei confronti dei nuovi vicini. La convivenza dei richiedenti asilo si svolge senza problemi – continuano assessore e sindaco in una nota sul sito del Comune - anche se naturalmente non mancano le discussioni animate fra di loro. Gestiscono autonomamente le faccende domestiche, cucinano e puliscono gli alloggi. Due collaboratori e una collaboratrice della Caritas sono il punto di riferimento fisso per i giovani, li aiutano a strutturare la vita quotidiana, a rispettare le regole di convivenza e a risolvere situazioni difficili”.

I richiedenti asilo arrivano tutti dall'Africa centrale, fra loro non ci sono minorenni né donne, perché “la struttura non si presta - spiegano gli operatori Caritas – a differenziare servizi e locali per ospitare famiglie o persone di sesso diverso”.

Sono molti coloro che lavorano, un altro segno che l'iniziale benvenuto sta maturando in integrazione. “Sono anche più di 20 i giovani che hanno un'occupazione, nell'agricoltura, in qualche azienda, negli alberghi. I contratti – dicono ancora gli operatori Caritas – sono di vario tipo, dallo stage al tempo determinato, ma è importante che, dopo le difficoltà legate per alcuni alla mancanza o al ritardato arrivo dei documenti, ai tempi delle richieste, la situazione si sia sbloccata”.

Certo, restano i problemi: “In genere, questi ragazzi africani parlano inglese o francese accanto alle rispettive lingue madri. Grazie all’impegno di numerosi volontari, stanno imparando l'italiano e il tedesco e, è naturale, c'è chi è più bravo e chi ha bisogno di un po' di tempo in più”. Poi, c'è stato il freddo che tanti hanno conosciuto l'inverno scorso per la prima volta, abituandosi anche a vivere in mezzo ai profili ripidi delle montagne e alle curve verdi delle valli dolomitiche: “Di mese in mese è andata sempre meglio – riprendono gli operatori Caritas – Si sono abituati e la prospettiva del nuovo inverno non fa paura”. Anche perché, nel frattempo, lavori e uscite in paese hanno aiutato questi ragazzi a intessere delle reti sociali, a conoscere persone, ad avere riferimenti. E molte associazioni si sono fatte avanti con proposte e progetti per accelerarne l'inserimento, per aiutarli a prendere confidenza con usi e costumi locali. “Ricordiamo qualche timore, delle perplessità fra i pusteresi quando sono giunti qui i primi richiedenti asilo – dicono i collaboratori Caritas – Ora la gente di Brunico e dei dintorni ha capito che non c'è motivo di avere paura, di storcere il naso. In città e in valle conoscono questi giovani, di persona o almeno di vista”. Non è più solo convivere, è vivere insieme nella comunità.

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