Bullismo, picchiati al parco per una bici

Una baby-gang di dodicenni minaccia i coetanei al campetto Semirurali: pugni e tentati furti. La mamme dalla polizia


di Alan Conti


BOLZANO. Così, per il gusto di prendere in giro e sentirsi forti. Per sovrastare gli altri fisicamente e verbalmente sentendosi i padroni di un fazzoletto di terra. Tre ragazzini di dodici anni, italiani con background migratorio, stanno letteralmente rovinando la vita a diversi coetanei nella zona del parco delle Semirurali a Don Bosco. Una storia che si prolunga da mesi e che nei giorni scorsi ha avuto il suo apice.

È un normalissimo pomeriggio in un quartiere residenziale bolzanino, quando alcuni ragazzini stanno giocando a calcio nel playground interno al parco. Ad un certo punto arriva la baby gang e comincia la raffica di insulti, prese in giro e inviti pesanti a lasciare il campo.

Il gruppo di piccoli calciatori viene allontanato, ma la vicenda non si chiude qui e prende una piega piuttosto seria quando uno dei bulli pretende la bicicletta di un ragazzo. Il tentativo di furto viene fermato da un netto diniego da parte del proprietario: a quel punto scatta la violenza punitiva. Due pugni in faccia per ripagare l’insolenza. Il ragazzo colpito è costretto a ricorrere alle cure dei sanitari riportando una prognosi di sette giorni per guarire.

È la classica goccia che fa traboccare il vaso oltrepassando una linea di tollerabilità che i genitori della zona non intendono più rispettare. Il problema, infatti, è noto da settimane. Per molto tempo ai ragazzini è stato detto di non reagire in alcun modo nella speranza che il fenomeno scemasse senza drammatizzare. Vana speranza perchè la violenza dell’altro giorno porterà a una denuncia che sarà presentata oggi alle forze dell’ordine. «Ora diventa necessario un giro di vite deciso - racconta una delle mamme esasperate - perchè così non si può andare avanti. Cosa dobbiamo fare? Chiedere all’amministrazione che persino i parchi giochi siano pattugliati? In tutto questo assistiamo a candidati che si inventano soluzioni come un fischietto. Un assurdo». Difficile, a questo punto, trovare il bandolo della matassa. «Eppure va scovato perchè noi ci rifiutiamo di impedire ai nostri ragazzi di frequentare i cortili e i parchi della nostra città. Non possiamo accettare la logica della paura rinchiudendo i figli a casa a giocare con la playstation per non incorrere in questi fatti». Oltre alla repressione qui si innestano anche criticità educative. «È evidente che siamo di fronte a mancanze clamorose sull’educazione e sul senso civico della convivenza. Mi chiedo dove siano le famiglie che avrebbero il compito di far capire a questi piccoli delinquenti cosa sia corretto e cosa non lo è nel rapporto con i coetanei. Bisogna intervenire subito».

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