Buoni pasto, la rivolta dei ristoratori 

Commissioni sempre più alte, balzelli digitali, fatture pagate dopo mesi. Gli esercenti: «Costretti ad aumentare i prezzi»


di Davide Pasquali


BOLZANO. Non ce la fanno più, i baristi e i ristoratori della nostra città. Sono esasperati dai buoni pasto. Le commissioni sono salite vertiginosamente, triplicando in pochi anni; sono aumentati i balzelli, digitali o meno; le fatture vengono pagate dalle società emettitrici mesi e mesi dopo o in alcuni casi non lo sono affatto. Ergo, c’è chi li tiene solo per non scontentare i clienti storici, chi ha aperto da poco tempo e proprio non li ha voluti, chi vi ha rinunciato per sempre, chi ci sta pensando seriamente, altri che invece non possono permetterselo perché questo tipo di incasso rappresenta ben oltre la metà dei suoi affari, in certi casi fino al 70% dell’introito mensile. Su un fatto sono tutti d’accordo: ormai sul valore teorico del buono pasto incassato da bar e ristoranti circa un 20% se ne va in fumo e a perderci sono solo loro, baristi e ristoratori. Che ora hanno deciso di dire basta. Ieri sera si è tenuta un’infuocata riunione di settore in Confesercenti. Nei prossimi giorni verranno contattati anche Unione e Hgv, perché occorre fare fronte comune. Ci si metterà assieme per trattare con le società gestrici, per concordare i dettagli dei bandi di gara con Asl, Provincia, Comune e aziende, all’occorrenza per indire uno sciopero. Se in città in cento dicessero stop almeno per un certo tempo, molti bandi decadrebbero e si potrebbero così ricontrattare le condizioni. Perché ora come ora, contro società (multi)nazionali, il singolo conta niente. Assieme, infine, giuridicamente si studierà il modo per non doversi sobbarcare tutti i costi aggiuntivi. Tradotto: si cercherà come poter aumentare legalmente i prezzi dei pasti.

Alla riunione organizzata da Mirco Benetello hanno preso parte Leo Dicello (Grolla), Pasquale Frattaruolo (Veneziana), Luca Bonato (Romagnolo), Ivan Waldner (Torchio), Alessandro Vinante (Charros). Bar, pizzerie, pub, ristoranti, bar ristori ecc. A scatenare il tutto, una scintilla: una società emettitrice che non paga le fatture emesse da una pizzeria. Da otto mesi. Il ristoratore ha affisso un cartello: scusate, ma siccome non mi pagano, non accetto più il tale buono pasto. Solo la punta dell’iceberg. Spiegano gli esercenti bolzanini: un tempo, le commissioni pagate da baristi e ristoratori erano sostenibili, accettabili: 4, 5, 6% del valore del buono. Poi si è cominciato a salire, oggi in molti casi si arriva al 12% e oltre. La situazione è ulteriormente peggiorata da quando si sono introdotti i buoni pasto elettronici: c’è da pagare il noleggio del Pos (c’è chi nel suo locale è costretto ad averne fino a sette, perché ogni società emettitrice pretende di noleggiare il proprio); c’è da pagare il servizio di controllo delle fatture emesse (se quelle elaborate dal locale non corrispondono al centesimo, l’esercente deve pagare il ricalcolo); c’è da pagare la commissione per singola strisciata (c’è chi, carte alla mano, mostra: 65 cent di commissione su 7 euro di buono pasto).

E poi ci sono le complicazioni. Ogni società emette buoni pasto differenti per importo e modalità di utilizzazione e incasso. I bandi di gara con gli enti pubblici scadono di frequente e ogni volta bisogna ricalibrare il sistema di rendicontazione. E bisogna far controllare tutto dal commercialista, perché mica si ha sempre il tempo di spulciare tutte le fatture. E si potrebbe continuare così molto a lungo. Ma almeno alcune altre considerazioni devono ancora essere fatte: le aziende senza mensa sfruttano i buoni pasto perché sono totalmente deducibili e fiscalmente non conviene inserire il corrispettivo in busta paga ai dipendenti; aziende ed enti pubblici costringono a ribassi esasperati le società emettitrici che, per rifarsi, aumentano i costi di gestione per gli esercenti. I clienti, per lo più totalmente ignari della problematica, si stupiscono che il tal buono pasto non venga più incassato. Ma i motivi ci sono: dovrebbero sapere, per esempio, che le società emettitrici incassano subito, mentre le fatture agli esercenti vengono pagate a 30, a 60 giorni, spesso in più tranche. E a volte, per farsi pagare, si devono aspettare 8 mesi. E chi vuole incassare subito? Deve pagare un’ulteriore commissione: 2-2,5% circa.













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