C’è una quinta prostituta Accusa: favoreggiamento

Nuovi particolari sul blitz che ha portato alla chiusura delle case del sesso in città Una delle donne ricercata in Venezuela. Oggi le altre quattro davanti al giudice


di Mario Bertoldi


BOLZANO. C’è una quinta prostituta coinvolta nella maxi inchiesta dei carabinieri sulle case del sesso in città. Si tratta di una giovane donna venezuelana che attualmente si trova nel suo Paese raggiunto qualche settimana fa. Per il momento non si può parlare di «latitanza» ma di semplice assenza. La donna, che avrà comunque saputo di essere indagata, verrebbe arrestata se e quando dovesse decidere di far rientro in Italia. Intanto stamane le altre quattro donne che sono state arrestate su ordine di custodia cautelare firmato dal giudice Carlo Busato, compariranno davanti al giudice per l’udienza di garanzia. Si svolgerà nel carcere di Trento con delega ad un giudice trentino.

Gli avvocati difensori Ferretti e Nettis molto probabilmente nelle prossime ore depositeranno istanza di revoca del provvedimento cautelare che il giudice ha firmato per un’unica necessità istruttoria: evitare la reiterazione del reato. E qui va fatta una precisazione: nessuna delle donne arrestate è accusata di sfruttamento delle prostitute che in un primo tempo erano state indicate come «vittime» di una organizzazione che lucrava sul loro «lavoro». Pare in realtà che l’organizzazione non sia mai esistita.

L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Busato (composta da 45 pagine e contenente una serie di intercettazioni telefoniche eloquenti) indicato un unico reato: quello del favoreggiamento per aver messo a disposizione gli appartamenti in cui le donne esercitavano. Ma le stesse arrestate non sarebbero delle «maitresse» cioè delle gerenti di case di appuntamenti pronte semplicemente ad incassare una percentuale di quanto incassato dalle prostitute. Tutte le donne arrestate - dicono gli avvocati difensori - sono loro stesse delle prostitute che si sarebbero organizzare con altre ragazze per esercitare la professione in casa e non per strada. La difesa contesterà l’impostazione dell’inchiesta che ha portato all’arresto delle sudamericane.

«Qui non c’è l’ombra di sfruttamento, o di atti di coercizione nei confronti delle ragazze - dice l’avvocato Ferretti - in realtà le inquisite sono accusate di aver messo a disposizione degli appartamenti dal settembre del 2012 ad oggi per esercitare la professione. Dato che il contratto di locazione veniva sottoscritto da una persona e che le «colleghe» che utilizzavano le stanze pagavano una sorta di affitto (circa 70 euro al giorno) è scattata l’accusa di favoreggiamento.

Anche su questo punto, però, la difesa sottolinea un particolare importante: l’affitto pagato era a somma fissa, non in base alle prestazioni effettuate e ai clienti incontrati. Insomma i 70 euro al giorno (cifra elevata proprio per il rischio di incriminazione per favoreggiamento) tali restavano a prescindere dagli incontri e dagli incassi per le prestazioni sessuali fornite. E tutte le donne incassavano direttamente dai clienti. Nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice Busato definisce l’inchiesta «blindata» proprio grazie alle numerose intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri. Ma tutte e quattro le donne incriminate sono incensurate. Proprio per questo gli avvocati difensori pensano di inoltrare quanto prima istanza di revoca della custodia cautelare o in subordine di arresti domiciliari.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità