Il caso

Caos quarantene, la protesta del medico di famiglia

Emanuele Pozzo, medico di Laives: «Il Dipartimento di prevenzione appare irraggiungibile, non otteniamo risposte»



BOLZANO. «Oberati di lavoro inutile, non ce la facciamo più!». Parla così Emanuele Pozzo - medico di famiglia a Laives. «Non ricordo più oramai da quando l’Asl abbia dichiarato "saltato" il tracciamento dei contatti. Fin dall'inizio, di certo, tutte le certificazioni di malattia relative a quarantene e isolamenti sono state demandate a noi, nonostante la legge stabilisca che sia chi emette la prognosi a doverla certificare. Ma l'Ufficio Igiene non era in grado di farlo.

Capita che a un paziente positivo non venga comunicato il prolungamento dell'isolamento; in quel caso il paziente si rivolge a noi, poichè il Dipartimento di prevenzione appare irraggiungibile. Ma noi non possiamo fare nulla, e se proviamo a contattare il Dipartimento, non otteniamo risposta.

Non mi dilungherò a elencare tutte le criticità che si presentano quotidianamente; dirò soltanto che prima della pandemia, da quando avevo superato gli 800 - 1000 pazienti iscritti il mio era già un lavoro a tempo pieno (orari sforati, pranzi saltati, prosecuzione del lavoro da casa, anche sabato e domenica).

Ora i pazienti sono oltre 1.500 (e vista la carenza di medici ne arriveranno altri), e a tutto ciò si aggiunge un carico di lavoro immane per far fronte ai problemi burocratici inerenti alla pandemia, che sottrae risorse (tempo, energia, lucidità) alla mia ed alla nostra funzione principale: la cura dei pazienti».

Pozzo interviene anche sulla questione dei certificati di malattia per quarantena e isolamento. «Lo Stato non ci è mai venuto incontro accogliendo l'oramai storica richiesta della nostra categoria di introdurre l'autocertificazione dei primi 3 giorni di malattia. Una cefalea, un raffreddore, la ricaduta di una lombalgia nota, sono tutti esempi di motivazioni legittime per l'astensione dal lavoro, per le quali un consiglio a distanza sul trattamento e un'eventuale valutazione in un secondo tempo sarebbero misure adeguate. Ma la certificazione rappresenta un'urgenza burocratica: va emessa il giorno dell'inizio dell'assenza e prevede la visita.

Non importa se dall'esame diretto del paziente non sia possibile ottenere alcuna informazione che confuti le sue dichiarazioni perchè di questo stiamo parlando: quando emettiamo un certificato di malattia stiamo agendo da cani da guardia dell'Inps, verificando che il paziente non stia cercando di fregare il sistema fingendosi malato. Il paziente non Covid va visto o il certificato è di fatto un falso ideologico».













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