Cari, vecchi dagherrotipi

Quando le lastre venivano sviluppate con il veleno dei vapori di mercurio



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Piazza Walther nel 1885

La nostra civiltà può essere definita oggi anche “dell’immagine”. E’ infatti una civiltà largamente visiva: fotografie dilagano ovunque, su giornali e periodici, su manifesti e locandine, addirittura sulle confezioni dei prodotti in vendita, nelle nostre case si accumulano sempre più fotografie, che ai nostri nipoti e pronipoti ricorderanno i volti dei loro predecessori. Una volta non era ovviamente così: solo i ricchi potevano permettersi ritratti (a olio, a tempera…) propri e dei loro famigliari.

Poi venne la democrazia dell’immagine, e grazie alle fotografie – inizialmente costose poi sempre meno - già nella prima metà dell’Ottocento volti dallo sguardo fisso, personaggi impettiti, ma anche vedute di città e paesaggi incominciarono a diffondersi e a far bella mostra di sé in cornici spesso pretenziose, su pareti o canterani. In origine non si chiamavano fotografie, ma dagherrotipi, dal nome del loro inventore: Louis Jacques Daguerre. Poi la tecnica di evolvette e il 13 marzo 1846, tra la pubblicità, il settimanale “Bozner Wochenblatt” pubblicò la seguente inserzione: “Ritratti-Dagherrotipi. Il sottoscritto si fermerà qui alcuni giorni e si propone per eseguire ogni tipo delle seguenti riproduzioni: persone singole o in gruppi famigliari, immagini di edifici, panorami, dipinti ad olio o incisioni etc.

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Il duomo nel 1880 circa

Per una riproduzione di questi soggetti bastano pochi secondi, e ciò con ogni genere di tempo, (anche) senza sole, in ambienti chiusi, cosa altrimenti impossibile, e ciò con piena garanzia. Non si pagano i ritratti non riusciti. Il prezzo di un ritratto di questo tipo varia a seconda della grandezza e del numero delle persone da 2, a 3, 4, fino a 5 fiorini. Il sottoscritto tiene anche lezioni per l’apprendimento di questa materia ed è disponibile alla vendita del materiale necessario. I signori che lo desiderano, possono essere raggiunti anche nelle loro case. Ordinazioni ed effettuazioni di ritratti hanno luogo all’hotel Alle Due Chiavi d’Oro. Firmato Ferdinand Brosy, da Aachen, in Prussia”.

Herr Brosy riscosse un buon successo, tant’è vero che fece stampare successivamente sul giornale che “grazie ai consensi che i miei ritratti hanno qui riscosso, e per poter esaudire le numerose richieste, prolungherò la mia sosta (a Bolzano) di alcuni giorni e partirò il 1° di aprile”. Il particolare espresso dal Brosy che “bastano pochi secondi” ha un senso se si tiene presente che all’epoca, perché le lastre emulsionate che venivano inserite nella macchina fotografica potessero essere impressionate, occorreva del tempo, almeno una decina di secondi, durante i quali i soggetti da ritrarre dovevano restare assolutamente fermi. Più tardi si diede luce con l’accendere polvere di magnesio, che dava un lampo e sprigionava fumo (e odore).

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Ponte Talvera nel 1890 (foto Gugler)

Passano poco più di sette mesi ed ecco che il “Bozner Wochenblatt” cita (16 ottobre 1846) il fotografo (o dagherrotipista?) L.Krach, che viene invece da Monaco. Poi altri ancora finché nel 1854 non appare un fatto nuovo: non un uomo, ma stavolta una donna si propone come fotografa itinerante, la signora Elise Brosy da Venezia. In “Bozen durch die Jahrhunderte” Bruno Mahlknecht ipotizza che si tratti della figlia del precedente Ferdinand Brosy, che gli sarebbe subentrata. Infatti all’epoca chi sviluppava fotografie si esponeva alle esalazioni di vapori di mercurio, ed aveva vita breve.

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La famiglia Amonn nel 1882

Poi si aprì a Bolzano il primo laboratorio fotografico fisso, probabilmente quello di J.B.Runggaldier, residente nell’odierna via della Rena 362, che assicurava riprese fotografiche in una “stanza riscaldata” (“Bozner Zeitung”, 6/2/1858). Attraverso le inserzioni pubblicitarie dell’epoca si apprendono poi le presenze di altri “Atelier” fotografici: Josef Gugler in piazza delle Erbe, August Moosbrugger nella Hintergasse e via elencando. Del secolo scorso i più anziani tra noi ricordano Foto Walsa, Foto Excelsior, Foto Siragusa, ma soprattutto Foto Pedrotti. I fratelli Pedrotti aprirono il loro studio a Trento tra le due guerre. Poi Enrico aprì anche a Bolzano, in via della Mostra, ove oggi si trova la galleria d’arte “Goethe”, e fu un punto di riferimento importante, conosciuto ben oltre i confini della città. Ma questa è un’altra storia.

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