Carlo, il clochard adottato dalla gente «In strada per forza»

Cinquant’anni, da ventisei senza fissa dimora «Non devo rendere conto a nessuno, solo a me stesso»


di Alessandro Bandinelli


BOLZANO. Carlo ogni giorno se ne sta lì, sulla stessa panchina a due passi da piazza Walther e si ricorda di tutti quelli che passano: sia quelli che gli fanno un sorriso, sia quelli che non lo vedono. Impossibile non incontrarlo scendendo da via Argentieri verso piazza Walther all’altezza dell’hotel Città. Lui fa parte di quella fascia di senza fissa dimora - come Jaroslav Kohl e Cesare Murroni deceduti in strada a un mese di distanza l’uno dall’altro - che sfuggono ad ogni rete di protezione sociale, ma anche a un semplice pasto caldo o a un letto per la notte. Con la sigaretta accesa tra le mani, Carlo guarda la fiumana di persone che gli passano davanti, distaccato, si illumina solo se riesce ad afferrare lo sguardo di un bimbo: allora stende il palmo della mano finché quel bimbo lo ricambia. A cinquant’anni non chiede nulla, ne ha bisogno di nulla e se qualcuno glielo domanda lui lancia un’occhiata veloce alla piccola sacca che tiene accanto e sorridendo risponde che ha già tutto.

Da quando, un anno e mezzo fa, ha deciso di trascorrere le sue giornate su una panchina però, tutto il quartiere in qualche modo lo ha adottato. Per lui una colazione è pronta ogni mattina all’ esclusivo hotel Città; uno sconosciuto, quasi con regolarità, gli regala un pacchetto di sigarette; altri gli lasciano un panino; e la sera quando torna al di là del Talvera, dove si raccoglie sotto la serranda di un negozio per la notte, una pasticceria del centro gli regala l’invenduto. Neanche lui sa dire perché abbia scelto proprio quel posto lì, forse perché come tutti ha bisogno di una routine per non perdersi. Originario di Brunico, a ventitré anni decide che per lui una vita fatta di un lavoro sicuro nell’azienda che raccoglie la spazzatura non ha senso, vuole andare a sud, vuole vedere il mare: molla tutto e parte. Arriva a Maccarese, una piccola comunità agricola sul Tirreno a venti chilometri da Roma dove comincia la sua vita in strada. La sua voglia di mare e di sud lo spinge poi fino a Malta dove però è costretto a fuggire perché lì vivere in strada è proibito. Di anni poi ne trascorrono ventisei, sempre senza dimora: «È dura, ma così non devo rendere conto a nessuno, solo a me stesso», dice con orgoglio. Nel suo unico bagaglio c’è tutto quello di cui ha bisogno, un sacco a pelo invernale, con il quale, può resistere alle basse temperature. Carlo è tornato in Alto Adige perché a Roma la vita s’era fatta difficile: «Troppa gente vive in strada ormai». Così ne ha approfittato per andare a trovare sua madre che è anziana e vive a Brunico: «Non è contenta della vita che faccio, ma non posso farci niente, non riesco a stare con le persone, dopo un po’ sento il bisogno di stare da solo». Anche qui a Bolzano non resterà ancora a lungo: «Ancora qualche settimana, poi tornerò verso il mare».

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