Casa Ipes a pezzi, interviene l'Ufficio igiene

Via Cagliari: muffa e acqua dai muri, una famiglia rischia lo sfratto



BOLZANO. In casa di Angela Marcantonio, nello stabile Ipes di via Cagliari 38, per colpa dell'umidità l'intonaco viene giù a toppe grandi quanto una pizza d'asporto. Se ti siedi sul divano in una giornata di pioggia rischi di farti una doccia e anche il divano stesso, quello buono, è finito nel cassonetto oramai ammuffito. Nel bagno di Angela Marcantonio è vietato usare la doccia, perché i vapori fanno staccare la pittura ormai nera dal soffitto, in casa hanno già dovuto curarsi dalle allergie più di una volta, e quindi la doccia si fa a pezzi, nella vaschetta del lavandino e rigorosamente con la finestra aperta. Da più di un anno l'inquilina combatte una guerra fatta di lettere con l'amministrazione dell'Istituto per avere un'altra casa, ma in risposta le hanno inviato un paio di volte i pittori per dare una rinfrescata alle pareti. Poi è stato il turno degli ispettori, che hanno decretato finalmente l'esistenza di una infiltrazione d'acqua di cui però ignorano l'origine, visto che l'appartamento al piano di sopra è in perfette condizioni, e che le avevano detto che si sarebbe dovuta trasferire in un altro appartamento perché il suo doveva essere demolito e rifatto da capo. Per ultimo, a fine novembre dell'anno scorso, è arrivato anche l'ufficio d'igiene, che ha certificato le carenze strutturali per l'abitabilità. Quando finalmente si aspettava un lieto fine al suo calvario, Angela invece ha ricevuto una lettera si sfratto esecutivo. Negli ultimi mesi, avendo perso il lavoro, vedova con due figli adolescenti a carico, non ha potuto pagare l'affitto. «L'Ipes reclama gli arretrati con gli interessi in unica soluzione - esclama sbalordita - come se questa casa fosse in ottime condizioni, ma invece sono loro che dovrebbero risarcirmi dei danni». Quando ha provato a chiedere una sospensione dell'affitto a causa delle condizioni in cui versava l'appartamento ha ricevuto solo porte in faccia, sostiene sconsolata: «In un anno la pioggia mi ha bruciato due computer e ho dovuto buttare un divano, mio figlio è andato in depressione con attacchi di panico e loro mi hanno risposto che queste non sono ragioni sufficienti per chiedere trattamenti di favore». Negli atti dell'Istituto, non si fa alcun riferimento alle condizioni dell'appartamento ma si parla di inadeguatezza. ‹‹Ho chiesto che almeno mi permettessero di pagarli a rate - prosegue la vedova - ma mi hanno detto che era impossibile, entro una settimana devo pagare o finisco in strada». Nell'ultimo anno le avevano promesso un altro appartamento, che le avevano assegnato in via Genova 88, con una lettera con tanto di planimetria. Poi però erano sorti problemi di personale, e quindi in una comunicazione successiva le avevano chiesto di aspettare fino all'autunno. Ora la beffa dello sfratto, nonostante i figli minorenni e un anno passato in un tugurio. Una situazione drammatica. «Non ce la faccio veramente più a vivere in queste condizioni - si sfoga -, c'è muffa negli armadi, in bagno, in camera da letto, prima o poi ci ammaleremo».

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