L'udienza

Centro massaggi a luci rosse, la titolare patteggia due anni 

Condanna irrevocabile per la 42enne cinese che gestiva un esercizio a Oltrisarco. Una stretta collaboratrice sporse denuncia. L’imputata ha anche risarcito diecimila euro



BOLZANO. Sentenza ormai definitiva per la gerente del centro massaggi “Rosa Rossa” di via Claudia Augusta, all’epoca messo sotto sequestro dagli inquirenti per una serie di appuntamenti a base di sesso a pagamento. La 42enne cinese arrestata il 9 dicembre dell’anno scorso con l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione ha patteggiato una condanna a due anni di reclusione con i benefici di legge dopo il via libera dato dalla Procura della Repubblica ed il consenso anche del giudice, che ha ritenuto la pena sufficientemente congrua.

Come si ricorderà, la donna era stata accusata dalla Procura, sulla base di una denuncia, di avere costretto le ragazze (sarebbero state 14 negli ultimi sei mesi) a prostituirsi nel centro massaggi. A chiedere l’intervento degli inquirenti era stata una delle giovani impiegate nel locale, la quale sostenne di essere stata costretta a cedere alla richiesta di prestazioni sessuali da parte dei clienti.

Dopo il raggiungimento dell’intesa tra l’indagata, il giudice e la Procura, la situazione è rimasta congelata per un certo periodo in attesa che venisse definito un possibile accorto con la presunta parte lesa per un risarcimento del danno subìto. Accordo che però non è mai stato formalizzato. Anche per questo in un primo tempo il giudice aveva ritenuto di non revocare l’ordinanza di custodia cautelare. In seguito, però, i difensori della gerente del centro massaggi (gli avvocati Federico Fava e Miki Eritale) hanno consegnato alla denunciante un assegno circolare di 10 mila euro.

La somma è dunque nella piena disponibilità della parte lesa che, a questo punto, dovrà decidere se accettarla come risarcimento definitivo, oppure solo come anticipo. In questo secondo caso la parte lesa dovrà promuovere un procedimento ex novo in sede civile. Sotto il profilo penale, invece, a questione è chiusa in via definitiva in quanto la sentenza è ormai passata in giudicato ed è irrevocabile.

Secondo la denuncia a suo tempo presentata, le ragazze sarebbero state costrette a consegnare tutti i loro guadagni e ad accontentarsi di 500-600 euro al mese. Le giovani, inoltre, avrebbero vissuto da prigioniere nella struttura, costrette a mangiare e a dormire senza quasi mai poter uscire. E quando veniva dato loro il permesso di uscire, sarebbero state costrette ad attivare il gps sul telefonino in modo che ogni loro spostamento potesse essere controllato. Regolarmente assunte con contratti da massaggiatrici, risultava che le ragazze lavorassero poche ore alla settimana.

Ma la realtà sarebbe stata ben diversa, anche se la difesa, durante l’inchiesta, dimostrò che la gerente avrebbe gestito il centro anche per lunghi periodi di assenza della titolare e mai aveva dimostrato l’intenzione di chiedere aiuto alle forze dell’ordine. MA.BE.













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