Bolzano

«Chiudo, non c’è più spazio per i piccoli negozi di vicinato» 

Corso Libertà, la titolare di “Non solo porcellana”: «Era già molto pesante prima, il Covid ha dato il colpo di grazia». Troppa la concorrenza di e-commerce e grandi catene. Pesa la carenza di merce. E la gente ha paura: non passeggia più



BOLZANO. «Dopo ventisette anni saluto con affetto i miei cari clienti, ma me ne vado volentieri, anche perché io sono fortunata: posso permettermi di chiudere senza subire delle perdite. Nel commercio ormai non c’è più spazio per le microimprese». Sono le parole agrodolci di Annamaria Battisti, da quasi tre decenni titolare di “Non solo porcellana” in corso Libertà. Difficile già prima, ora con il Covid il commercio è diventato insostenibile.

«C’è di mezzo il pensionamento, e poi ho ricevuto un’offerta per il mio arredo, quindi ho preso la decisione. Sono contenta di uscire da questo sistema del commercio, sempre più pesante da sostenere». Battisti ha iniziato quasi tre decenni fa. «Ho aperto come franchising, poi l’hanno fatto fallire e mi sono reinventata inserendo i prodotti per la cucina oltre a quelli per la tavola. Poi sono arrivare le grandi catene, come il Poli Regina, e le persone si sono riferite lì, alla grande distribuzione, quindi gli acquisti si sono diradati».

Un iter seguito da tanti. «Mi sono dovuta ancora reinventare, ho puntato su artigianale e artistico, a partire dal 2018. Le risposte positive c’erano. Il sistema reggeva. Ho inserito anche i quadri, poi un’azienda di prodotti bio per la cura della persona, coadiuvata da una naturopata: servizi di fitoterapia in negozio. Era previsto tutto un programma dedicato all’imprenditoria femminile, collaborazioni, serate a tema per presentare persone e lavori. Un progetto benessere nella natura, con passeggiate eccetera. Ma l’evolversi del Covid ha bloccato completamente tutto: niente “Aperitivi in verde”. Ci eravamo associati con il Club Arcimboldo, insieme avevamo tante idee. Siamo riusciti a organizzare soltanto una serata».

Nel frattempo, Battisti è andata in pensione, da due anni, poi ha avuto l’offerta per l’arredo. «Sono felice, a livello di relazioni ho coltivato tanti buoni rapporti. Esco serena per aver fatto un buon lavoro. D’altra parte, nel commercio non c’è più nessuno che apre, al massimo c’è chi resiste e dice “se potessi nella vita sceglierei qualcos’altro”».

Battisti è - e si dice - fortunata: «Niente dipendenti e Tfr da pagare, altrimenti non potrei chiudere. Ho lavorato molto anche a livello di magazzino, controllandolo, in modo da non ritrovarmi in fase di chiusura con il magazzino da smaltire, perché oggi come oggi ciò non è più gestibile. Ho pianificato grazie all’esperienza». Battisti è amara: «Il sistema è cambiato e non prevede più la microimpresa. Vanno avanti solo i grandi gruppi. E l’ecommerce. Hanno iniziato ora a tassarli al 15%; ridicolo a confronto con quanto paga un imprenditore. Non c’è paragone. Sono veramente felice di riuscire a uscirne senza danno, perché tanti sono costretti a contrarre un mutuo, per poter chiudere. Chi ha dipendenti è timoroso, perché va bene la teoria sugli accantonamenti ma non si riesce a metterli via».

Non bastasse la normalità, poi è arrivato il Covid. «In questo momento non vedo bene corso Libertà. Spero si rivaluti nel tempo, ma ci vorranno anni, almeno dieci. Sono vent’anni che sento parlare di arredo urbano, pulizia, polo bibliotecario, parcheggio di piazza Vittoria, Ztl. Quando verrà terminato il cantiere del Gries Village potrà essere d’aiuto, ma ci vuole tempo».

Nel frattempo è cambiato tutto. «I portici non sono più appetibili, non c’è più il piacere di passeggiare. Sono sporchi, troppi bar dove certi clienti stazionano tutto il giorno, le vetrine da ammirare poche. Si nota il lento degrado». E poi, col Covid, «è venuta meno l’abitudine al passeggio. Sono mutate le abitudini della gente: escono al mattino, tornano e si chiudono in casa. Dopo l’imbrunire non c’è più nessuno. In più, c’è la paura di tenere aperto: in diverse occasioni, in dicembre, coi negozi pieni di merci e poche persone in giro, ci siamo messi a chiudere: apriamo solo se qualche cliente vuole entrare. Temiamo incontri sgradevoli».

Trent’anni fa non era così, «nella maniera più assoluta. Ma questo riguarda l’intero contesto cittadino: è l’epoca che stiamo vivendo. Negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, qui era tutto eccezionale». Ora è più brutto e a breve non ci sarà un recupero. «Anche io non mi reco più in centro, ci vado solo se mi serve qualcosa, non per girare». Il settore commerciale «è stato troppo penalizzato, resistono solo le grosse famiglie del centro, ma solo perché, essendo grandi, hanno potuto diversificare. La gente non esce più di casa, in due anni è cambiato tutto. E poi, come l’autunno scorso, ora c’è grandissima difficoltà a reperire merce, in tutti i settori. E la merce è rincarata. Si va di nuovo verso una crisi commerciale, ci sono gli aumenti dell’energia, si notano le carenze in ambito alimentare. È dal 2008 che andiamo avanti. Saluto con amore, con affetto, ma me ne vado volentieri». DA.PA.













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