Comando Truppe Alpine si rischia la soppressione

Il generale di corpo d’armata Primicerj lascia, arriva un generale di divisione La spending review colpisce l’esercito. Incertezza sul futuro delle penne nere


di Davide Pasquali


BOLZANO. Il prossimo 12 settembre il comandante delle Truppe alpine Alberto Primicerj cederà il comando al generale Federico Bonato. Con tutta probabilità non si tratterà di un semplice cambio di guardia al vertice delle penne nere, sulle quali pende la spada di Damocle della spending review. Primicerj infatti è un generale di corpo d’armata, Bonato un generale di divisione. Sottigliezze da militari? Niente affatto. Perché si rischia la retrocessione, da corpo d’armata a divisione. Il governo Monti, nel dicembre 2012, decise la razionalizzazione dell’esercito, ossia, in concreto, pure la soppressione del comando truppe alpine. L’attuazione dei tagli è andata avanti a singhiozzo e, riguardo alle Truppe alpine, non si è ancora approvato il relativo decreto attuativo. Esistono soltanto bozze di decreto e relazioni delle audizioni in commissione parlamentare. Sulla gazzetta ufficiale si parla esplicitamente di soppressione del Comando truppe alpine entro il 31 dicembre 2014, sul sito della Difesa si dilaziona fumosamente al 2015. Intanto, a Bolzano, città iper-sensibile sulla questione, per molteplici motivi, cresce la preoccupazione. Dopo l’emorragia alpina subita negli ultimi vent’anni in Alto Adige, si teme che nel capoluogo venga svuotato di competenze addirittura il palazzo alti comandi di piazza IV novembre. E siccome certa parte della politica locale, ovviamente, non solo non farebbe nulla per evitare, ma, anzi, sarebbe probabilmente tacitamente favorevole, il timore non appare di certo infondato.

Primicerj, generale di corpo d’armata, tre stelle. Bonato, generale di divisione, due stelle. Gliene assegneranno una terza cosiddetta funzionale, ossia sarà il facente funzione. Anche Primicerj, quando venne nominato, era soltanto generale di divisione, spiegano gli addetti ai lavori. Ma erano ben altri tempi. Per il momento, il corpo d’armata resta, ma non v’è certezza. Anche la statua di Giulio Cesare, nel cortile del comando Truppe alpine, sembra in attesa di conoscere il proprio destino. Si tratta di una questione delicatissima, che coinvolge la politica ma, ancor più, i militari e le loro famiglie. I fatti però dicono che la contrazione strutturale complessiva dell’esercito dovrà arrivare al 30%. Si prevede la soppressione del comando truppe alpine e anche la riconfigurazione del comando di divisione Tridentina, che dovrebbe passare alle dirette dipendenze delle Forze operative terrestri. Durante un’audizione in commissione difesa del Senato, il capo di stato maggiore dell’esercito Biagio Abrate aveva spiegato: «Il progetto di revisione delle strutture e delle infrastrutture richiede una necessaria ottimizzazione dell'impiego e della movimentazione del personale, che dovrà essere ridislocato dalle infrastrutture ritenute non più essenziali a quelle che rimarranno in vita, ed in tale ottica rappresenta un obiettivo anche la concentrazione delle attività in poche basi, privilegiando quelle a maggiore ricettività, in migliori condizioni e più vicine ai poligoni, riducendo al minimo l'attuale dispersione sul territorio e quindi la spesa». Più chiaro di così...

«A decidere sarà la politica, siamo nelle mani del governo», commenta il maggiore Stefano Bertinotti dell’ufficio pubblica informazione del comando truppe alpine. «Per ora rimaniamo un corpo d’armata». E non si smetterà di sperare.

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