BOLZANO

Commesse con figli «spinte» a licenziarsi a Bolzano

Decine di casi di dimissioni in bianco. Surian: «La maternità? Un freno per i datori». La testimonianza: «Ci scartano a priori»


di Alan Conti


BOLZANO. Il mondo del commercio per le mamme è una giungla. Senza regole. Anche in Alto Adige. Dimissioni in bianco, inviti alla maternità anticipata, colloqui di lavoro condizionati e pressioni di ogni genere sono (molto) diffusi anche in Alto Adige. I casi denunciati sono decine. A dirlo è Maurizio Surian, segretario provinciale della Filcams Cgil. «La situazione è drammatica e certi atteggiamenti sono abituali anche qui. Basta guardare il numero impressionante di dimissioni presentate dalle lavoratrici nel primo anno di età dei figli. Non può essere sempre e solo un caso». Cosa si nasconde, allora, dietro a questi numeri? «Semplice. I bambini vengono considerati un buon motivo per non rinnovare i contratti a tempo determinato o chiedere persino le dimissioni». A volte addirittura firmandole prima, una pratica illegale ma poco controllabile. «Guardi, sono franco. Purtroppo la maternità viene vista come una “malattia bruttissima” e la donna in queste condizioni è avvertita come un ostacolo alla produttività». Le mamme, si sa, possono chiedere permessi per le malattie dei figli piccoli e spesso optano per il part time. «Misure che vengono avvertite come fumo negli occhi dai datori di lavoro. Su 10 part time post maternità richiesti ne vengono concessi forse 4».

La testimonianza. A confermare tutto è la testimonianza di una commessa bolzanina. «Quando sono rimasta incinta l'azienda dove lavoravo ha deciso di non rinnovarmi il contratto dopo tre anni. Mi hanno lasciato a casa perché ho partorito due mesi prima della fine dell'accordo. Dopo ho trovato un altro impego part time da 18 ore. Ben presto, a causa dei problemi di alcune colleghe, il mio orario è stato ampliato a 5 ore giornaliere. Un mese fa mio figlio ha contratto un brutto virus, una gastroenterite acuta, ed è stato ricoverato in ospedale. Mentre era ricoverato in ospedale, con la flebo al braccio, mi ha chiamato la responsabile intimandomi di andare al lavoro il primo Maggio. Io avevo già presentato il certificato per la malattia non retribuita per accudire mio figlio. Un atteggiamento che mi hanno fatto pagare portandomi alle dimissioni».

Ora sta cercando un nuovo lavoro e l’approccio, anche a Bolzano, si ripete. «Mi chiedono sempre a chi lascio il bambino in caso di malattia e se abbiamo parenti che ci possano aiutare. So bene perché fanno queste domande e guarda caso non richiamano». Lapidario il commento finale di Surian: «Ogni tanto fingiamo di essere una terra all'avanguardia. Su questo, mi spiace, siamo all'Età del Ferro».

 













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