«Comunione ai divorziati Noi lo facciamo già»

Don Gretter: «Si valuta caso per caso e si aiuta a curare l’anima chi si porta dentro le macerie di un matrimonio fallito ». Cirimbelli: «Ha vinto la misericordia»



BOLZANO. «Dopo il pronunciamento del Sinodo non significa che si darà la Comunione a tutti i divorziati e i separati. Ma ci sarà un cammino che porterà a questo. Da noi si fa già: la Comunione viene data valutando caso per caso. Perché ogni storia è diversa». Così don Mario Gretter, parroco del Duomo, commenta la soluzione adottata dal Sinodo che prevede che i sacerdoti valutino appunto situazione per situazione se dare o meno la Comunione a divorziati e separati che finora erano esclusi dal sacramento.

Esulta Elio Cirimbelli, direttore del Centro Asdi di Bolzano: «Non sono solo felice, sono raggiante: 30 anni di attesa, 30 anni di incontri, 30 anni di speranza. Ha vinto l'amore e la misericordia che non è la "misericordia Bergogliana"come avevo letto da qualche parte, ma la misericordia di Dio perché "compiuta da Cristo gratuitamente sulla croce". Ora anche quei sacerdoti che "clandestinamente" somministravano la comunione alle coppie divorziate che frequentano la parrocchia, si sentiranno più sollevati».

Ma don Gretter invita alla cautela e a comprendere il significato profondo della soluzione adottata dall’assemblea dei padri sinodali.

«Intendiamoci, dal punto di vista normativo non c’è nulla di particolarmente rivoluzionario. Già oggi si valuta caso per caso se dare o meno la Comunione a chi ha alle spalle un matrimonio naufragato. La novità riguarda invece il metodo. Ovvero: siccome la Chiesa parla al mondo, si è deciso di non lasciare alla sensibilità regionale o addirittura dei singoli, la scelta di decidere come comportarsi in una materia tanto delicata come questa. Adesso c’è una linea chiara per tutti».

Per il sacerdote bolzanino la parte più innovativa è in realtà un’altra: «Il Sinodo ribadendo l’indissolubilità del matrimonio e vedendo nella famiglia il modello per la società e per la Chiesa, insiste sullo spirito di misericordia con cui vanno accolti e seguiti coloro che si portano dentro le macerie di un progetto di vita distrutto. Che è qualcosa che va al di là della Comunione».

In concreto cosa significa?

«Per molti, partendo dal principio che “nulla è per sempre” la fine di un matrimonio è nella natura delle cose e si rifanno una vita senza troppi problemi, ad eccezione di quelli economici. Ma non è per tutti così. C’è chi ha investito in un progetto di vita e quando il legame va in frantumi, è un disastro. Le persone vanno seguite e aiutate a trovare dei rimedi per l’anima. C’è un cammino da fare, non sempre facile ed è all’interno di questo che si inserisce il sacramento della Comunione. In questo senso c’è un’esperienza molto interessante attuata dalla diocesi di Friburgo».

Di cosa si tratta esattamente?

«Lì la diocesi ha messo in piedi un progetto molto interessante che prevede l’accompagnamento di separati e divorziati. Quella che offrono è una cura spirituale dell’anima che consente a queste persone di ritrovare la serenità perduta. Un progetto, a mio avviso, molto bello ispirato appunto alla misericordia più che al giudizio. In cui si cerca di capire le ragioni del fallimento e da questo si parte per curare e possibilmente guarire. Può sembrare strano ma l’esperimento di Friburgo è stato molto criticato. Come si vede la strada da fare è ancora lunga, ma c’è assolutamente bisogno di “seguire” separati e divorziati ed è per questo che presso la diocesi di Milano si è aperto di recente un ufficio pastorale che si occupa esclusivamente di questi casi, ovvero uomini e donne che vivono con sofferenza il fallimento di un progetto nel quale avevano creduto e investito».

E nella diocesi di Bolzano e Bressanone c’è qualche progetto specifico?

«Noi non abbiamo le dimensioni di Milano, per cui bastano i consultori che già operano sul territorio».(a.m)













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