«Credo ai miracoli: batterò Spagnolli»

Il sindaco di maggio torna in pista e rilancia la sfida dopo la sconfitta del 2005: «Lo devo ai cittadini di Bolzano»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Giovanni «Ivan» Benussi dice «noi esuli», anche se è nato a Bolzano, città dove è divenuto un architetto con importante portafoglio di clienti («ho lavorato più in giro per il mondo che a Bolzano, un padre famoso missino non ha giovato...»), ha costruito una famiglia mistilingue, è diventato perfino sindaco, per un mese. Il primo a farcela del centrodestra.

Benussi è l’erede di una storia terribile e appassionante, madre dalmata e padre di Fiume, una famiglia impregnata di mitteleuropa (un nonno laureato a Vienna, l’altro a Budapest), case molto belle perdute dopo la guerra, quando finì tutto, si dovette fuggire e ricominciare. Dieci anni dopo la sconfitta contro Luigi Spagnolli Benussi si candida sindaco, sostenuto dalla sua Lista Benussi e da CasaPound, sul cui controverso appoggio l’architetto arci cattolico fornisce una spiegazione degna della sua figura. Benussi è stato ieri ospite della redazione, con il direttore Alberto Faustini, per la serie di interviste ai candidati sindaci.

Dieci anni fa lei rappresentò la sorpresa impensabile. Alle comunali del 2015 Benussi è ancora Benussi? Non è più nuovo e ha pochi alleati.

«Sono ancora Benussi e sono ancora qui perché in dieci anni il centrodestra non è riuscito a unirsi in nome del programma, perché si è perso dietro alle sfide personali. Mi candido per un debito verso le persone che mi votarono nel 2005, anche sudtirolesi e del centrosinistra, e che non poterono avere il loro sindaco a causa di una legge elettorale assurda che prevede un ballottaggio finto, attraverso il quale non si riesca a costruire una maggioranza diversa a quella del primo turno».

Lei pensa di vincere di nuovo?

«Solo un miracolo lo consentirebbe. Ma da cattolico credo ai miracoli. Dico ai cittadini: votate Benussi al primo turno, poi Benussi cercherà di costruire una coalizione. L’altra volta ce l’avevo quasi fatta, la Svp era pronta, ma Roma bloccò tutto».

In questi dieci anni Benussi ha attraversato molti partiti, per arrivare nel 2013 alle provinciali con Scelta civica.

«Non sono mai stato iscritto a un partito. I miei movimenti hanno avuto un solo filo conduttore: cercare di unire il più possibile gli italiani di Bolzano, per dare loro più forza. Che pena vedere Spagnolli che deve farsi dare il programma dalla Svp in cambio dell’appoggio al primo turno. Non ho mai ubbidito ai partiti, ho sempre pensato con la mia testa. In consiglio comunale ho votato a volte con la maggioranza, perché i provvedimenti erano buoni. Da sindaco avrei confermato i presidenti delle società, se bravi. A me sembra normale, agli altri sembravo un marziano».

È talmente sganciato dai partiti che in questo ritorno non ha trovato nessuno del centrodestra disposto a sostenerla. Ha con sé solo gli ingombranti estremisti di destra di CasaPound.

«Tremendi... I peggiori compagni di viaggio che si possano avere, me li rimproverano continuamente».

Perché allearsi con dei neofascisti?

«La mia più grande soddisfazione sarebbe portare questi ragazzi a fare del bene. Io punto sul metodo e sui progetti, al di là delle ideologie. Se qualcuno dice che crede in me e condivide il mio pensiero, lo ascolto. Con CasaPound è andata così e mi piace parlare con loro. Tenere i cani alla catena non fa che aumentare l’aggressività e in ogni caso non puoi mai fermare il pensiero. Meglio confrontarsi, o no? Gli spiego che si sono fatti una idea del fascismo sbagliata, leggendo libri elogiativi scritti da persone che erano asservite al regime. Li invito a leggere altro, a informarsi su ciò che è accaduto veramente in quegli anni, l’”armiamoci e partite”, la guerra, i fascisti e i cattolici. Anche mio padre fu volontario della Repubblica sociale dopo la rotta dell’esercito, ma per difendere la nostra gente dai titini».

Vuole convertire CasaPound alla moderazione?

«L’apostolato va fatto diretto, da persona a persona».

Cosa pensa del progetto Benko?

«Che interferisce con il piano sull’areale ferroviario e non va bene. Sono stato nel Cda dell’areale, ho seguito il concorso di idee, ha vinto un bellissimo progetto».

Quali sarebbero le prime cinque cose che farebbe come sindaco?

«Impegnerei il Comune a garantire ai proprietari di uffici vuoti la procedura gratuita di modifica della destinazione d’uso per affittarli come appartamenti. Un altro tema chiave è la sicurezza: serve una migliore rete di controlli, perché arrivano molte persone, che non hanno un posto in cui stare. Alla San Vincenzo ho imparato molte cose: questi disperati sono in mano alle bande che pagano loro il viaggio e tengono ostaggio le loro famiglie nei paesi di origine per costringerli a delinquere. Terzo punto, ristrutturerei il patrimonio immobiliare comunale, per ricavare case alloggio per anziani e disabili. Quarto punto, cercherei di agevolare il commercio di vicinato, magari con centri di acquisto unici, per consentire che si sviluppi una generazione di giovani commercianti. Infine, penserei ai quartieri, che d’altronde sono già compresi nei punti precedenti. Con pochi soldi e molte idee punterei su un nuovo senso di comunità di Bolzano. Ne abbiamo terribilmente bisogno, più dei grandi progetti».

Cosa ha detto la sua famiglia?

«Mi hanno detto “Se ci credi, fai”».

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