Cure staminali: il tribunale di Bolzano dice no

Sono tre i ricorsi presentati in Alto Adige da pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Bolzano non fa eccezioni. Normativa in vigore alla mano, anche il tribunale di Bolzano ha dovuto bocciare la disperata richiesta di cure alternative, a base di cellule staminali, da parte di un paziente di 43 anni affetto da una rara malattia neurologica degenerativa (Sma) che porta alla progressiva atrofizzazione dei muscoli sino al blocco delle funzioni respiratorie. Mai come in questo caso la battaglia a colpi di carte bollate davanti al giudice era legata a filo doppio al diritto di un paziente incurabile a sperare nella vita e nel miracolo terapeutico.

Anche per questo la decisione del tribunale di Bolzano (presidente Carla Scheidle, giudici Ulrike Ceresara e Maria Cristina Erlicher) è stata delle più sofferte. Non si può negare a nessuno il diritto alla speranza, ma i giudici hanno dovuto comunque basarsi sulle disposizioni di legge in vigore e hanno dovuto sancire lo stop a cure che il Comitato scientifico di emanazione ministeriale ha considerato non solo dubbie (sotto il profilo dell’efficacia terapeutica) ma anche rischiose per il paziente stesso.

A livello nazionale sono circa 200 le battaglie legali pendenti nei vari tribunali. In Alto Adige sono tre. I ricorsi sono stati promossi da pazienti altoatesini colpiti da malattie neurologico-degenerative. Due istanze per ottenere il diritto alla cura staminale sono state respinte direttamente in primo grado dal giudice Francesca Muscetta , una terza era stata accolta dalla dottoressa Eliana Marchesini ma ora è stata cancellata dal giudizio di secondo grado (ormai definitivo nel merito) del tribunale in composizione collegiale che ha dovuto prendere atto che la legge non permette di proseguire la sperimentazione su pazienti.

A Bolzano la speranza aveva trovato nuovo vigore dal risultato ottenuto su un paziente di fuori regione sottoposto a cure a base di cellule staminali presso l’ospedale di Brescia, l’unico in Italia ad essere in grado di intervenire a questo livello terapeutico.

Dopo il terzo intervento i miglioramenti erano stati evidenti. Proprio per questo, di fronte le difficoltà ad ottenere lo stesso trattamento, i tre pazienti altoatesini hanno deciso di fare ricorso ai giudici. Il sì del giudice Marchesini si basava sulla considerazione basilare che il cittadino ha diritto ad essere curato e che lo Stato è chiamato a tutela la salute dei suoi cittadini. Anche a fronte del repentino peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, il giudice aveva ordinato all’ospedale di Brescia di procedere con la somministrazione della cura staminale con l’aiuto degli esperti del Ministero della salute e della «Stamina Foundation onlus». Negli ultimi anni, però, la legge è cambiata. Nel dicembre 2006 un decreto ministeriale aveva consentito la sperimentazione staminale su singoli pazienti «in mancanza di valida alternativa terapeutica» soprattutto in presenza di una «grave patologia a rapida progressione».

La terapia (possibile solo all’ospedale di Brescia) consiste nel prelievo di cellule dal midollo osseo dei pazienti, la loro manipolazione in vitro, e infine la loro infusione nei pazienti stessi. Lo stop alle cure è la diretta conseguenza del provvedimento dell’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) che ha ritenuto non affidabile il laboratorio dell’ospedale di Brescia ove venivano preparate le cure. Nel frattempo la sperimentazione (prevista dal decreto Balduzzi) è stata bocciata a livello ministeriale sulla base del parere del comitato dei saggi che ritiene la cura a base staminale potenzialmente pericolosa. Il Ministero alla Salute ha dunque stabilito che le sperimentazioni non possono proseguire. Il tribunale di Bolzano è stato costretto ad adeguarsi.

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