Debiti in eredità Il conto al pensionato sale a 48 mila euro

Ieri un’ora di confronto con Equitalia. Cartella da pagare Solo Inps e Inail possono ridurre in parte la somma


di Luca Fregona


BOLZANO. Ogni secondo, ogni minuto, il conto sale. Oltre un’ora di colloquio - ieri - nella sede di Equitalia in via Duca d’Aosta, per sentirsi dire che il debito da saldare con il Fisco è passato da 44 a 48 mila euro nel giro di poche settimane. Per Armando Tognon l’incubo sembra senza fine. Il pensionato bolzanino, che ha firmato in buona fede il certificato di successione del fratello Pasquale, morto nel maggio 2013, si è visto arrivare lo scorso febbraio una cartella di Equitalia da 44 mila euro.

Una montagna di debiti in eredità (con Inps e Inail), di cui lui era totalmente all’oscuro.

Tognon sta facendo il giro delle sette chiese. È tornato al patronato delle Acli dove aveva fatto le pratiche di successione. Gli hanno detto, che le verifiche non toccavano a loro, e che avrebbe dovuto rivolgersi ad un notaio. «Potevano avvertirmi prima, quando ho pagato quasi 200 euro per farmi seguire in questa storia», dice amareggiato. Ieri è andato ad Equitalia per cercare di capire come venirne fuori. Lui quei soldi non ce li ha.

La risposta è stata secca: fino a quando non salda la prima rata, il debito continua da ingrossarsi per gli interessi passivi e di mora. E così, senza colpo ferire, ieri è arrivato alla cifra «stellare» di 48 mila euro.

Tognon, che è un ex operaio rotativista e ha una pensione di 1.800 euro al mese, dovrebbe - in teoria - saldare in 72 rate da 660 euro al mese. «Ma così come faccio a campare? ». Ad Equitalia ieri gli hanno detto che può chiedere una dilazione, ma serve un’udienza dal giudice, e lui deve spiegare per filo e per segno, conti alla mano, perché non può permettersi di cedere un terzo dello stipendio.

Se il giudice gli darà ragione, Tognon potrà allora restituire il debito in dieci anni con 120 rate da 400 euro al mese. «Ancora troppi», dice Armando.

L’ultima speranza, secondo il funzionario di Equitalia, è che i creditori (Inps, Inail e Agenzia delle entrate), gli facciano uno “sconto”, togliendo almeno gli interessi passivi .

«Se riuscissi ad abbattere la somma ed arrivare a rate di 100 euro al mese, potrei respirare», dice Tognon, che ormai punta solo a ridurre il danno.

Armando dovrà però avviare una trattativa “privata” girando ogni singolo ufficio creditore. Se tutto va bene, passeranno ancora una o due settimane, prima di sapere la cifra finale, pagare la prima rata, e bloccare così la spirale degli interessi che continuano a gonfiare, di ora in ora, il “buco nero” lasciato dal fratello. Armando ormai non dorme più, questa storia lo sta distruggendo. «La legge non ammette ignoranza, lo riconosco, ma il diavolo qui si è accanito».

Quando ha portato il certificato di morte all’Inps, per chiuderne la posizione fiscale, nessuno gli ha detto che il fratello non aveva pagato i contributi per anni. Al Patronato - dice - nessuno l’ha messo sul chi vive, consigliandogli un giro dal notaio. Sulla dichiarazione di successione dell’Agenzia dell’entrate era riportata solo la somma di 5 mila euro su un conto postale, con la nota: passività “zero”. Con quei 5 mila euro Armando ha pagato i funerali, saldato qualche conto e fatto una donazione alla Lega tumori.

«Ho quasi 70 anni e sarò condannato a pagare finchè campo. Righi dritto tutta la vita, ti spacchi la schiena per 40 anni, arrivi alla pensione, e poi per un errore, per un’ingenuità, per una mancata comunicazione, entri in un vortice senza via d’uscita. Nell’Italia degli evasori, alla fine paga solo la povera gente». Ieri, ad Equitalia, alla domanda esplicita: «Ma se io muoio, chi finisce di appianare i debiti di mio fratello?», la risposta non è arrivata. «Non sono riuscito a sapere se pignoreranno la pensione di reversibilità di mia moglie, o se si rifaranno su mia figlia. Ti pare possibile?».

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