Di Fede: sbagliato invitare Holzmann

Spaccatura col gruppo dirigente del partito. La segretaria: «Per ora sto al mio posto», ma all’orizzonte c’è Carlo Costa


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Prego, non fatemi parlare...». Ma scusi segretaria, andar via così , senza salutare ... «Se apro bocca adesso , faccio solo polemica. E non voglio farla. Martedì parlo delle nostre assemblee, adesso no. Ma guardare Holzmann che interviene al Pd e ammicca a Bressa e a Costa non è certo quello che avrei voluto vedere!».

Molti hanno invece visto nell'uscita anticipata di Liliana Di Fede dalla Leopoldina democratica un passo d'addio: via lei, ecco in arrivo Carlo Costa. Che però tace e mostra di non pensarci. In realtà non è solo successo questo. «Stiamo cambiando pelle - riflette Sandro Repetto- leggetevi bene l'intervento di Bressa. Non ci sta solo l'addio all'alleanza blindata con gli ecosociali, la svolta liberista e pragmatica e tutto il resto. È che il Pd non sarà più quello di prima».

E così sono invecchiate in un botto anche le classiche faglie di divisione interne tra minoranza bizziana e maggioranza. Tanto che a questo proposito Repetto lancia proprio Roberto Bizzo alla prossima presidenza del consiglio provinciale per "battere subito i giochi tra Artioli e Dello Sbarba". E poi le successioni.

L'interessato non lo ammette, ma quando Gianclaudio Bressa ha parlato di ricambio anche a proposito di se stesso ha, in sostanza, sancito il passaggio di consegne tra lui e Carlo Costa.

Sarà sempre più il direttore di A22, nel prossimo futuro, il trait d'union tra Roma e Bolzano a nome del partito. L' uomo capace di coniugare rapporti interni ed esterni. Con uno schema di ricambio al vertice sostanziale, ricorda un membro dell'assemblea cittadina del Pd, già posto in essere a suo tempo tra Berloffa-Bolognini e Bressa stesso. Uno stile di trasmissione del potere in grado di evitare traumi: in perfetto stile democristiano. E non è un caso che, come provenienza e formazione, siano cattolici sia Bressa che Costa . L'altro elemento di confronto - scontro che l'uscita di Liliana Di Fede dalla sala Lenzi alla Leopoldina di sabato ha fatto emergere come novità rispetto alla vecchia divisione maggioranza-minoranza, è il tema attualissimo ma contrastato nel suo dispiegamento, delle primarie.

Testimoni, descrivono un Christian Tommasini molto infastidito dalla insistenza con cui la segretaria sostiene il metodo delle primarie per individuare il candidato sindaco. «Non è il momento di dividersi sul nostro schema elettivo interno», ha detto Costa. E questo intende anche Tommasini. «Pur se le primarie significano un mandato forte per un eventuale sindaco in pectore meglio interrogarsi sul rapporto costi-benefici». Insomma il Pd è mutante. «Dobbiamo rinnovarci», ha sillabato Bressa. E il rinnovamento è in atto. Non è in vista un cambio immediato della segreteria perché nuove elezioni interne di sovrapporrebbero a quelle comunali generando un imbuto polemico che potrebbe sfiancare il partito, ma tant’è: tra gruppo dirigente e Di Fede la sintonia è ai minimi. Sulle possibili candidature a sindaco, poi, il clima è di dubitosa attesa. Il fatto che Bressa abbia citato solo Umberto Tait e Paolo Montagner nel suo discorso ha subito fatto presumere la possibilità di una investitura. Ma non è detto. I giochi sono solo all'inizio. «Ma attenzione - ha subito commentato Repetto- se si punta ancora su funzionari pubblici e provinciali io mi metto di traverso. O si guarda al partito o si guarda alla società civile, ai privati. Basta con i provinciali salvatori della patria anche in Comune». La campagna è appena cominciata.

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