«Difenderò l’autonomia speciale. A tutti chiedo rispetto per le istituzioni» 

Il governo. Il metodo: troppe leggi impugnate perché scritte fuori dalla cornice costituzionale Il rapporto con la Svp: giusto il patto con il M5S, spero che venga compreso il cambiamento


francesca gonzato


Bolzano. Il principio attorno a cui fa ruotare la sua attività politica è, dice, «il rispetto assoluto delle istituzioni». La Costituzione è ciò da cui tutto discende. Si presenta così Francesco Boccia (Pd), il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, che si è insediato nel ministero lasciato libero dalla leghista Erika Stefani. Il suo è uno dei ministeri di snodo dei rapporti con l’autonomia speciale. Nella scorsa legislatura è stato presidiato da Gianclaudio Bressa (Pd) come sottosegretario. Boccia erediterà i progetti di autonomia differenziata di Veneto, Lombardia e, con accenti diversi, Emilia Romagna, che non decollano e vedono i governatori sul piede di guerra, prima con il M5S e adesso, in via preventiva, con il neo ministro, perché pugliese e perché come primo atto ha impugnato una legge del Friuli Venezia Giulia. «Certo, orgogliosamente pugliese, ma cadono male con questi argomenti, perché devo così tanto a Milano (un master alla Bocconi, ndr), e dovrei aggiungere anche a Londra e Chicago». Lo abbiamo intervistato alla vigilia del voto di fiducia al governo di Giuseppe Conte, previsto oggi alla Camera e domani al Senato. Boccia, come il conterraneo Michele Emiliano, è stato tra i primi nel Pd a parlare di una apertura verso il M5S. «Quante me ne sono sentite, i tempi non erano maturi».

Nel nord è tutto un fermento sulla sua nomina. Qual è la sua visione della autonomia speciale?

Il mio approccio verso le autonomie è quello del Pd. La «specialità» dell’Alto Adige è un modello già dimostrato di efficienza e convivenza tra lingue e culture diverse. Le autonomie sono all’interno della Costituzione, non casualmente, come sintesi di momenti storici che abbiamo ancora sulla pelle. Quello che non accetto è il concetto di autonomia differenziata come manganello sull’unità nazionale. Il dibattito che si è aperto ci porta su un altro terreno, con ultimatum lanciati dai governatori senza neppure ascoltare ciò che il presidente Conte dirà domani (oggi, ndr) in aula. Sono pronto a difendere l’unità nazionale perché penso che solo un Paese unito possa combattere le disuguaglianze, che si trovano ovunque, non solo al sud. L’autonomia dell’Alto Adige è un pezzo della storia repubblicana che difendo.

Tra i compiti del ministro delle Regioni c’è l’impugnazione o non impugnazione delle leggi delle Regioni e Province autonome.

Eredito un ministero che è obbligato a occuparsi di centinaia di impugnazioni all’anno. Ci troviamo di fronte a una patologia. La Corte costituzionale non può diventare una sorta di Tar.

E perché accade questo?

Le Regioni devono evitare di fare come il Friuli Venezia Giulia, per restare sul tema “caldo”, che ha approvato una legge urgente “multisettoriale”. Il nome stesso fa capire che qualcosa non funziona nella tua gestione... In quella legge c’erano otto articoli palesemente incostituzionali. Se i presidenti di Regione pensano di poter normare tutto, infischiandosene della cornice costituzionale, si fa solo un danno. Se si fanno le leggi pensando di poter accontentare tutti, si crea l’intasamento di impugnazioni. Vorrei che si tornasse al rispetto istituzionale.

La Svp ha deciso di astenersi sul voto di fiducia, mentre nella scorsa legislatura era in maggioranza con voi del Pd. Pesa il cattivo rapporto con il M5S e l’alleanza locale con la Lega. Voi del Pd state cercando di convincerli ad appoggiarvi?

La loro storia di collaborazione con il centosinistra è nota. Sono temi che toccano i vertici dei partiti. Evito di sostituirmi al mio segretario. Siamo in un tornante della storia, è nata una collaborazione con il M5S per evitare che il Paese uscisse di strada. Per me il M5S non è un avversario. So che nei territori questo passaggio è più complicato, ma ci sono priorità sociali, ambientali, della scuola, del lavoro, di rafforzamento di un certo ruolo dell’Ue, che diventa quasi naturale per certe forze valutare i cambiamenti in corso. Mi auguro che le forze politiche sul territorio prendano in seria considerazione questo cambiamento. Io lo teorizzavo da anni. D’altronde anche il centrodestra unito non è tale, se pensiamo che Forza Italia in Europa si ritrova all’interno del Partito popolare europeo, mentre i sovranisti stanno da un’altra parte.

Il ministro degli Affari regionali firma i decreti di nomina dei componenti indicati dallo Stato all’interno della Commissione dei Sei e dei Dodici. Come pensa di muoversi con la commissione che si è appena insediata?

Dipende dalla composizione. Se ci sono dei tecnici, allora nutro un profondo rispetto per l’autonomia di chi entra negli organismi sulla base di una riconosciuta professionalità. Se invece le nomine avvengono sulla base di un rapporto politico e fiduciario, allora mi aspetto che le persone interessate traggano le conseguenze, perché il governo è cambiato. Sono chiaro nel mio metodo, a partire dalla richiesta di rispetto verso le istituzioni.

Lei ha annunciato che girerà i territori. Verrà anche in Alto Adige?

Sarò un ministro che vivrà nel Paese, sui territori. Incontrerò i presidenti delle Regioni e delle Province autonome nella Conferenza Stato-Regioni, poi girerò. Verrò anche a Bolzano, per incontrare il presidente Arno Kompatscher, con lo spirito di leale collaborazione.

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