La storia

Dona panettoni ai detenuti: «È un segno di speranza» 

Un ristoratore ha fatto pervenire i dolci in via Dante. «Una struttura obsoleta dove è difficile ricostruirsi una vita. Sono per loro e gli agenti che svolgono un lavoro durissimo»


Jimmy Milanese


BOLZANO. Un gesto di solidarietà in periodo natalizio verso la popolazione detenuta presso la Casa Circondariale di via Dante che ha commosso il personale penitenziario stesso.

Così, donati da Pino Greco, gestore del Ristorante Pizzeria “Il Portichetto”, al carcere di Bolzano sono arrivate alcune decine di panettoni e pandori in vista del Natale. Per una volta, quando si parla delle fatiscenti carceri bolzanine a far cronaca per un momento non è la storia di qualche detenuto “eccellente”, il cronico sovraffollamento, la mancanza di personale o la saga infinita sulla costruzione delle nuove carceri a sud di Bolzano, paralizzata da complesse controversie giudiziarie.

A far cronaca, appunto, è un semplice atto di generosità da parte di un cittadino, sensibile ai problemi di chi le feste natalizie dovrà passarle lontano dai propri cari e dai propri amici. «Il Natale deve essere un momento di felicità soprattutto per le persone deboli, in questo caso per quelle che per ragioni varie sono state private della loro libertà», le semplici parole di Pino Greco, ovvero lo schivo protagonista di questo bel gesto di solidarietà.

«Come ho recentemente donato alcuni panettoni a una clinica - prosegue - , ora ho deciso di donarne altri a persone che non se lo potevano permettere, nella speranza che anche grazie a questo gesto si parli piuttosto della condizione nella quale questi ragazzi vivono, in una struttura fatiscente che da venti anni la politica promettere di chiudere per aprirne una nuova dove la dignità degli esseri umani venga rispettata».

La risposta è il ringraziamento da parte di tutto il personale del penitenziario. Un ringraziamento sentito, visto che solo chi quotidianamente lavora a stretto contatto con i detenuti è a conoscenza di quante siano le problematiche all’interno di una struttura costruita proprio per isolare i suoi occupanti dal resto della società . Persone che possono avere compiuto anche atti atroci, ma che secondo il nostro ordinamento sono detenuti proprio a fini rieducativi, oltre che punitivi. Una rieducazione che non può prescindere dalle condizioni di vita all'interno del carcere, come anche solo intuitivamente è facile immaginare.

Il fatto che la casa Circondariale di Bolzano aperta in città nel lontano 1890 più volte sia stata giudicata tra le strutture penitenziarie nel peggior stato di conservazione, stride con il principio della rieducazione. Sono le cifre ad aprire questa ferita alla quale tutto il personale carcerario con coraggio e al limite delle proprie forze cerca di porre rimedio quotidianamente. E la gioia di questi agenti di polizia carceraria alla notizia dell'inaspettato regalo testimonia il loro impegno costante, assieme a quello della direttrice Annarita Nuzzaci.

Infatti, a fronte di una capienza di 88 posti, al 30 novembre scorso erano ben 104 le persone ospitate in via Dante, come raccontano i dati diffusi dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. 74 dei quali erano stranieri, soprattutto in considerazione del fatto che in moltissimi casi per un cittadino straniero sprovvisto di un domicilio stabile, anche a fronte di reati minori non è possibile predisporre misure cautelative alternative rispetto alla detenzione.

Una situazione di sovraffollamento che si è sommata all’arrivo della pandemia, come è riportato nell'ultimo rapporto dell'Osservatorio sulle condizioni di detenzione che l'Associazione Antigone che indica come la soglia del sovraffollamento per le carceri bolzanine abbia raggiunto il 118,2 % della capienza. «Il sottodimensionamento del personale (68 agenti a fronte di 75 previsti), in particolare quello educativo (4 previsti in pianta organica, uno effettivamente previsto) e la scarsità di progetti esterni rendono la vita ancor più difficile».













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