Donare il cibo ai bisognosi, pronto il «vademecum» 

Aspiag ne stampa 400 copie per i volontari del Banco Alimentare e di Caritas Hillebrand: Onlus sottoposte alla stessa normativa della grande distribuzione



BOLZANO. Hai voglia a dire raccolgo del cibo e lo do a chi ne ha bisogno. Hai voglia a pensare che tanto è beneficenza e quindi le regole non esistono o comunque non sono così stringenti. Se fosse così, il Banco alimentare del Trentino Alto Adige, assieme alla Caritas e con il sostegno economico e fattivo di Despar, non avrebbe tradotto e pubblicato 400 copie bilingui del volume “Recupero, raccolta e distribuzione di cibo ai fini di solidarietà sociale - Manuale per le corrette prassi operative”. Ieri il volume, un centinaio di pagine di sintesi su normative e prassi, è stato presentato ai rappresentanti delle organizzazioni caritative altoatesine impegnate sul campo, alla presenza dell’assessore Martha Stocker e del dirigente Aspiag Robert Hillebrand. È stato illustrato dal responsabile sicurezza alimentare di Aspiag Service - Despar Nordest, Roberto Mussolin.

Ogni sei mesi, ha precisato Hillebrand a latere dell’evento, si tiene un incontro-convegno informativo, ma si è sentita l’esigenza di pubblicare anche un manuale. «Anche le organizzazioni caritatevoli, infatti, devono tenersi aggiornate». Aspiag dona ogni anno quasi 6 milioni di euro in cibo, 2 dei quali in regione. Non si tratta di alimentari scaduti, bensì prossimi alla scadenza, che vengono ritirati dagli scaffali perché «non ha senso vendere al cliente una mozzarella tre giorni prima che scada o un latte a lunga conservazione undici giorni prima che scada». Il cliente si sentirebbe preso in giro. «Non si compra cibo per consumarlo lo stesso giorno». A quel punto, però, ci vuole tutta una logistica di smaltimento delle eccedenze. Per questo, già all’inizio degli anni Novanta, quando ancora la legislazione ad hoc non esisteva, Aspiag aveva avviato le prime collaborazioni con le associazioni caritatevoli. E le Onlus aiutano ancora oggi la grande distribuzione a risolvere un grosso problema aziendale, facendo per di più del bene. Ma su entrambi i fronti esistono delle forti responsabilità, che devono essere condivise: il cibo che ti cedo deve essere in regola, il cibo che prendi e distribuisci ai bisognosi pure. Le responsabilità sono le medesime di quelle di un rivenditore di alimentari o un ristorante. Norme Haccp, rintracciabilità in entrata e in uscita, locali e attrezzature a norma. Corretto trasporto, corretto stoccaggio e corretta conservazione dei cibi. E si potrebbe continuare a lungo, in dettaglio. Ma basti qualche esempio: all’incontro sono state mostrate fotografie di casi accaduti nella grande distribuzione: bulloni rinvenuti in confezioni di grana a tocchetti, viti nei funghi secchi, scarafaggi vivi nella carne. E a chi maneggia cibi, bisogna insegnare persino a lavarsi le mani correttamente, perché non tutti lo fanno come si deve, come hanno dimostrato studi sul campo condotti da esperti: su dita e palmo batteri a gogo. Tutto ciò non va bene nella grande distribuzione, ma nemmeno nell’opera caritatevole. Mille occhi non bastano, le norme, in questo caso, anziché ostacolare, sono utili. Aiutano a non sbagliare.(da.pa)

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