Lavoro

Donne al lavoro, stipendi inferiori del 28% rispetto agli uomini

Pubblicato il rapporto 2022. Il 10% dei lavoratori arriva a ruoli dirigenziali, solo il 6,1% delle lavoratrici


Cristina Pelagatti


BOLZANO. «Di fronte ai dati non si può essere accusati di avere pregiudizi ideologici, per questo è di straordinaria importanza questo rapporto»: così il presidente Arno Kompatscher ha commentato ieri i risultati del rapporto Gender 2022 altoatesino stilato da Astat, l'istituto provinciale di Statistica.

«Tutti sembrano favorevoli al fatto che l'uomo sia più coinvolto nel lavoro di cura, ma resta un compito femminile. Abbiamo adottato il Piano d'azione per la parità di genere con una serie di misure che stimolino il cambiamento culturale per arrivare all'uguaglianza di genere», sottolinea Kompatscher, «Se non si cambia l'approccio, difficilmente si ridurranno il gender gap e il gender pay gap».

Nel rapporto Gender 2022 presentato dal direttore di Astat Timon Gärtner, scaricabile dal sito Astat, viene confermato il divario retributivo tra uomini e donne. Nel settore privato nel 2021 la retribuzione media giornaliera era di 118,36 euro per gli uomini e 83,65 euro per le donne con un gender pay gap di 29,3%. Nel settore pubblico le donne percepiscono una retribuzione giornaliera media lorda di 112,33 euro, rispetto ai 157,28 euro degli uomini, con un divario retributivo di genere del 28,6% (che scende al 16,4% se si considerano solo i full time).

Medicina di genere

La diversità di retribuzione contribuisce ad un divario pensionistico, che nel 2021 è stato particolarmente marcato (31,4%). Ad illustrare i dati la statistica di Astat Irene Conte, che ha reso noti i punti salienti: «Le donne sono il 50,4% della popolazione residente in Alto Adige, sopra i 60 anni la maggioranza è femminile, le donne vivono in media il 4,3%in più degli uomini. La medicina di genere considera i fattori biologici, psicologici e sociali che possono influenzare la salute, differenti per uomini e donne». Le malattie del sistema circolatorio e i tumori sono le cause più comuni di morte per entrambi, ma la mortalità maschile per queste due cause e per le malattie del sistema respiratorio e i traumatismi è maggiore. Anche la mortalità evitabile, cioè i decessi che potrebbero essere evitati o prevenuti è superiore negli uomini per stili di vita meno salutari (consumo di alcool, alimentazione non adeguata, fumo e comportamenti a rischio). La mortalità femminile è maggiore nei decessi dovuti a disturbi psichici e comportamentali come per alzheimer e demenza. «La medicina di genere è una best practice», commenta Ulrike Oberhammer, presidente della Commissione provinciale per le pari opportunità, «Riesce a migliorare la vita di tante persone. Studi internazionali dicono che ci vogliono più di 100 anni per realizzare la parità di genere. La vera difficoltà è cambiare la testa delle persone. Tanti uomini dicono di essere a favore della parità di genere e di un coinvolgimento alla pari nel lavoro di cura della famiglia, ma poi agiscono come pensassero "sì, sono d'accordo, ma io non lo faccio, che ci pensino gli altri"».

Il part time

Il rapporto di Astat in effetti rende evidente come gli stereotipi di genere all'interno della famiglia sembrano superati, uomini e donne concordano nel doversi entrambi impegnare nella cura dei figli e nei lavori domestici, ma la maggior parte ritiene che a doversi assentare dal lavoro per prendersi cura dei figli debbano essere le madri, alle quali in soldoni restano in carico il lavoro domestico e di cura e che i pochi padri che fanno uso del congedo parentale facoltativo si assentano dal lavoro per periodi più brevi delle madri. Altri dati rivelatori sono quelli che riguardano istruzione ed occupazione. Attualmente le donne occupate hanno un grado di istruzione più elevato rispetto ai loro colleghi uomini, i quali tra il personale dipendente occupano al 10.2% posizioni da dirigenti e quadri rispetto al 6.1%. Le donne che lavorano part time, il 42% rispetto al 8,5% degli uomini, lo fanno per prendersi cura dei figli, di persone non autosufficienti o per motivi personali. Il tasso di disoccupazione femminile è al 3%, quello maschile all'1.7%.













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