Bolzano

Dopo 10 anni di processo l'invalido ottiene giustizia 

Era accusato di truffa e falso ma il giudice lo ha assolto in pieno. L’uomo ha dimostrato di aver praticato triathlon su consiglio dei medici a scopo terapeutico. Ottantamila euro per difendersi


Mario Bertoldi


BOLZANO. Era stato accusato di aver truffato per diversi anni l’Inail ottenendo il riconoscimento di una invalidità al 44 per cento (a seguito di un incidente sul lavoro) che in realtà non gli sarebbe spettata.

Protagonista della disavventura giudiziaria è un bolzanino, ora 60enne, che dopo dieci anni di battaglie legali (con 80 mila euro di spese per avvocati e consulenti) si è visto finalmente riconoscere l’insussistenza delle ipotesi accusatorie coltivate dalla Procura della Repubblica e la piena legittimità di quanto percepito.

L’uomo era stato rinviato a giudizio per truffa aggravata e falso. Secondo il capo d’imputazione le condizioni fisiche dell’uomo sarebbero state decisamente buone. Emerse anche che l’imputato incassava mensilmente un assegno pensionistico di invalidità ma era in grado di svolgere un’attività sportiva impegnativa quale il triathlon, consistente in gare di nuoto, corsa e bicicletta.

E’ stato il giudice Federico Secchi a chiudere il caso con una sentenza di piena assoluzione con la formula più ampia e cioè “il fatto non sussiste”. In sostanza il bolzanino era stato accusato di essere riuscito ad indurre in errore i medici che si occuparono del suo caso. All’uomo (che ha affrontato il procedimento penale con l’assistenza dello studio legale Francesco Caroleo Grimaldi di Roma) venne anche contestato il falso ideologico per aver indotto alcuni medici «ad attestare falsamente malattie tali da renderlo inabile al lavoro» ottenendo una presunta pesante sopravvalutazione del livello di inabilità. Tutte accuse che in sede di processo sono cadute nel nulla al punto che l’assoluzione disposta dal giudice di primo grado non è stata nemmeno impugnata dalla Procura e, di conseguenza, è diventata definitiva ed irrevocabile.

Al centro del caso finirono diversi certificati medici ritenuti dall’accusa non veritieri e l’Inail si costituì parte civile lamentando gravi danni patrimoniali e di immagine. Fu anche disposta la sospensione della rendita Inail di 790 euro mensili goduta dal 1993.

L’imputato ha sempre negato con decisione l’impianto accusatorio sostenendo che l’attività sportiva fosse assolutamente compatibile con l’invalidità sofferta e che gli fosse stata consigliata dai medici a titolo terapeutico per tentare annullare almeno in parte gli effetti di una parestesia (cioè una alterazione della sensibilità) agli arti superiori. I medici chiamati a deporre hanno confermato. Come detto l’invalido (che da diversi anni è disoccupato) ha ottenuto piena giustizia dal tribunale.

Tra breve dovrà essere anche ripristinata la rendita pensionistica Inail di 790 euro mensili con diritto al recupero di tutte le mensilità non incassate nel corso degli ultimi cinque anni. Per gli 80 mila euro spesi per affrontare il processo potrà invece ottenere un risarcimento solo parziale.













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