Due minuti d'emozione, ecco le immagini crudeli del lager di Bolzano


Giancarlo Ansaloni


Era il 1960 quando anche a Bolzano, con scarsa eco per la verità, uscì al cinema Eden "Notte e Nebbia", firmato da Alain Resnais: fu il primo documento "agghiacciante"che fece conoscere a un pubblico relativamente vasto gli orrori dei campi di sterminio, incollando spezzoni d'archivio in bianco e nero con parti a colori girate sui luoghi di deportazione. Pochissimi fino ad allora avevano potuto vedere cadaveri ammassati con bulldozer, fosse comuni scoperchiate, esseri umani scheletriti, svuotati fino all'anima con un contorno di capelli umani, cumuli di occhiali, orologi, denti d'oro, montagne di scarpe. Il film era stato girato 4 anni prima, ma boicottato anche dal Festival di Cannes, solo in parte per la crudezza, forse più per censura: un orrore da occultare per opportunità politica in pieno clima di guerra fredda.


Ebbene, il "fantasma" di quella cinica censura è riapparso ieri, nella sala di Vicolo Gumer nell'incontro pubblico battezzato "Vedere la memoria", una delle manifestazioni organizzate dal Comune nell'ambito della "Giornata della Memoria.

L'incontro è coinciso con una mostra di scritti, libri, materiali d'archivio provenienti dal "Fondo Ciusa" e donato dalla signora milanese Tamara Ciusa, figlia di Franco, la cui figura è stata al centro della mattinata. Chi era Franco Ciusa? Nato a Milano nel 1930, a 15 anni rimase sconvolto di fronte alle condizioni dello zio Vittore Gorza, reduce da Mauthausen e dai suoi racconti sugli orrori dei Lager. Talmente "scioccato" da restare incredulo e indurlo a cercare riscontri e conferme. Dovette arrendersi di fronte alla realtà; da allora dedicò la sua vita, conclusa a 78 anni, alla ricerca maniacale di manoscritti, libri e filmati un po' dovunque, soprattutto in Francia. Lavorando di notte montò un documentario intitolato "KZ", 25 minuti di immagini che colpirono, profondamente nel 1960 la giuria del Festival del "passo ridotto" di Salerno, che gli attribuì il I premio.

Il filmato è stati riproposto ieri nella sua versione originale, dalla quale si evince che alcuni passaggi furono "oscurati", cioè censurati, come ha fatto notare un altro protagonista della mattinata, il regista Gianpiero Rizzo della Rai Milano, esattamente come per "Notte e nebbia". Nel Fondo la figlia ha trovato anche un secondo filmato: il padre infatti non trascurò il "Lager" di Bolzano, immortalato in film 8 mm, quando il campo di concentramento era ancora pressoché "intatto" con il muro di cinta e le baracche, adattate ad abitazioni tipo "favelas" da famiglie senza tetto.

"Nella nostra casa c'era materiale dappertutto, perfino nella vasca da bagno - racconta la figlia Tamara - abbiamo ricevuto spesso offerte di acquisto, ma abbiamo voluto rispettare il lavoro di nostro padre: mantenere intatto l'archivio come testimonianza per le nuove generazioni, con la donazione all'archivio di Bolzano, incoraggiati dall'interesse e dalla passione dimostrata della dottoressa Carla Giacomozzi.

guarda le foto del Lager su: www.altoadige.it













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