Due professori della Lub condannati a risarcire

Incassavano lo stipendio maggiorato per l’impegno col vincolo dell’esclusiva In realtà avevano un’attività extra. Il preside Succi dovrà pagare 204 mila euro


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Due professori dell’Università di Bolzano sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire l’ateneo. Il conto è salato: il preside della facoltà di informatica Giancarlo Succi dovrà versare nelle casse universitarie 204.704,67 euro, la sua collega Barbara Russo (della stessa facoltà) se l’è cavata con una somma di circa la metà, cioè 101.609 euro. Entrambi dovranno poi accollarsi le spese di giustizia, nell’ordine di alcune centinaia di euro a testa.

La condanna è stata decisa a titolo sanzionatorio in quanto i due insegnanti avrebbero violato il contratto, con vincolo di esclusiva, sottoscritto con l’università bolzanina.

«Non è una questione di evitare un accumulo retributivo - aveva ricordato nel corso dell’udienza pubblica qualche mese fa il procuratore Robert Schülmers - quanto piuttosto di difendere la qualità dell’apporto professionale chiesto ad un professore il cui impegno non si esaurisce nelle semplici ore di insegnamento ma anche nel continuo approfondimento e aggiornamento».

Una logica di intervento (quella della Procura contabile) pienamente condivisa dalla Corte dei Conti (presidente Paolo Neri) che ha parzialmente accolto le richieste di condanna. Il teorema della Procura non è stato accolto in pieno. Entrambi i professori, infatti, sono stati assolti dalla richiesta di ulteriore condanna a titolo risarcitorio per il presunto danno erariale arrecato all’Università. In realtà i giudici hanno rilevato in sentenza che il procedimento non ha provato alcun danno erariale.

Ieri anche il presidente dell’ateneo Konrad Bergmeister ha ribadito che l’università altoatesina non ha mai subìto alcun danno e che i due professori in questione hanno sempre svolto in maniera ottimale le loro mansioni professionali.

Entrambi però avevano sottoscritto un contratto di collaborazione con l’ateneo a tempo pieno e con vincolo di esclusiva che prevede uno stipendio maggiorato del 40 per cento rispetto al corrispettivo base di un docente universitario a tempo definito.

In sentenza i giudici contabili per la posizione di Giancarlo Succi parlano di «colpa grave, per quanto nella forma assai prossima alla colpa cosciente o al dolo eventuale». Ritenendo che non si possa assolutamente invocare la prescrizione (uno dei cavalli di battaglia delle difese) i giudici contabili riconoscono importanza assai limitata ai permessi e alle autorizzazioni che di volta in volta gli insegnanti (seppur in regime di vincolo esclusivo) ottenevano dall’Università per impegni lavorativi extra ateneo. In questo contesto critiche non certo velate sono rivolte anche all’amministrazione universitaria.

In sentenza i giudici parlano di linea «per lo meno distratta se non lassista» dei vertici dell’ateneo. In sostanza i giudici censurano senza mezzi termini la gestione di questi permessi o autorizzazione rilasciati dall’ateneo, a quanto pare, con troppa superficialità o frettolosità. Forse anche per questo il presidente Bergmeister si è affrettato ieri a sottolineare che l’ateneo non ha subìto alcun danno ed è sempre stato soddisfatto dell’apporto professionale dei due docenti. Resta il fatto che i giudici parlano in sentenza di «richieste redatte con lo “stampone”» . In sentenza viene sottolineata la «serialità» delle istanze di autorizzazione. Ed il “nulla osta”, si legge in sentenza, «si concretizzava nella semplice firma del preside di facoltà di solito posta in pari data (cioè nello stesso giorno della presentazione dell’istanza, ndr) priva del benchè minimo elemento valutativo e motivazionale». Come dire che l’Università non ha mai valutato in maniera approfondita le istanze presentate. Anche per questo meraviglia che un docente universitario potesse sentirsi a posto con un siffatto nulla osta.

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