BOLZANO

«Ecco perché quella spina non va staccata»

Gli operatori che hanno seguito Mattia Fiori: «In questi anni ci ha fatto capire la vita»



BOLZANO. Nicola Ciavarella, operatore socio-sanitario, originario di San Giovanni Rotondo ma residente a Caldaro, è tra coloro che nel centro Firmian in questi anni hanno assistito Mattia Fiori, il giovane di 31 anni, morto dopo sette passati in coma vigile. In una lettera molto toccante che pubblichiamo di seguito Ciavarella, anche a nome degli altri operatori della 5° sezione " Forza Mattia" - Jadwiga, Johanna, Dumitru, Darius, Maria Helena, Iwona, Hanna, Katerina, Eleonora, Nadia, Taslima, Loredana,Grazjena, Aliona, Anca, Marilù - parla del legame forte che si era creato con quel giovane che non parlava e guardava senza vedere, ma ciononostante era vivo. «Prima di arrivare al quinto piano dove ci sono i pazienti in coma vegetativo anch’io - dice Ciavarella - pensavo che in certe situazioni, la soluzione migliore fosse staccare la spina. L’esperienza di questi anni con Mattia mi ha fatto cambiare radicalmente idea».

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Molta gente pensa che le persone ospitate nel nostro reparto siano dei corpi privi di vita e credono anche che la miglior soluzione per porre fine alle loro sofferenze resti quello di “staccare la spina” per donar loro pace e dignità.

Noi Operatori della 5° sezione non siamo di questo avviso, noi la pensiamo in modo decisamente differente, la nostra opinione è ben diversa, pensiamo che la vita vada difesa, preservata e rispettata sino in fondo, finché il cuore batte e il respiro alimenta anche un flebile soffio di vita.

Specialmente lo è stato per Mattia. Noi con Mattia non parlavamo mai della sua disgrazia, per noi egli era un amico, un collega. Avevamo con lui un rapporto e una dialettica normali come avviene con una qualsiasi persona. Un rispetto per la sua condizione di vita. Quando la mattina entravamo in stanza ci si salutava, ci si dava una piccola carezza, e, se per caso, la sua Inter il giorno prima aveva subìto una sconfitta ci scherzavamo su, dicendogli: «Mattia cambia squadra, sei ancora in tempo, quest' anno mi sa che non vincete nemmeno la coppa del nonno». Non stavamo un secondo in silenzio. Voi direte ma allora non siete tanto normali, boh forse è così. Gli chiedevamo, durante lo svolgimento del nostro lavoro, se avesse qualche problema o qualche desiderio e, anche se non proferiva parola, noi lo capivamo perfettamente dal suo sguardo , dall’espressione gentile del suo volto. Col tempo da amico divenne nostro fratello; quando usciva dalla sua camera in carrozzina tutti lo avvicinavano per chiedergli come stava, dimostrandogli calore e tenerezza. Tutti gli volevamo un gran bene.

La famiglia. Col tempo anche il rapporto con la sua famiglia diventò intenso e cordiale, quasi familiare; nessuno più chiamava Renato, suo padre, ma Papi. Per noi era soltanto Papi. Ogni mattina alle 8 , Papi, puntuale come un orologio svizzero, entrava in camera per salutare il suo figliolo e poi girava il reparto per cercarci, per dare il buon giorno a tutti gli operatori di turno, diventando una consuetudine piacevole e simpatica per noi tanto da accoglierlo col tempo quasi fosse uno di noi, come parte integrante dell' equipe. Era tanto premuroso con noi che, tenendo in serbo sempre quella battuta, la ripeteva ogni qual volta solcava la porta: «Quando vengo qua apro la porta sempre con i gomiti», come dire che aveva sempre qualcosa da regalarci.

La speranza. Avevamo stabilito con lui un rapporto di solidarietà e simpatia reciproca, affidato spesso all’attenzione particolare che noi abbiamo sempre custodito nei confronti di Mattia, sempre con la segreta speranza che potesse un giorno tornare a casa, restituito agli affetti dei propri genitori e ad una condizione di vita normale. Anche se sapevamo in cuor nostro quanto fosse difficile, non cessammo mai di crederci. Forse eravamo e, lo siamo tuttora, dei creduloni o fantasiosi, ma noi siamo fatti così. La mamma, sempre vigile e premurosa, era attentissima e preoccupata per la salute del proprio figlio, allarmandoci ogni qualvolta Mattia mostrava segni di sofferenza, che fossero un semplice starnuto o una crisi respiratoria. Sapeva che noi saremmo intervenuti con tempestività e avremmo alleviato ogni suo disturbo, sempre con l’affetto e la professionalità che ci lega ai nostri pazienti, in particolare a Mattia. Se capitava qualche episodio di malessere noi non entravamo di passo nella stanza, ma "Correvamo", ci precipitavamo tutti quanti, nessuno rimaneva impassibile e con le mani in mano.

La stanza numero 5. Purtroppo con il passare del tempo il suo povero corpo cominciò a fare capricci e abbiamo cominciato così a fare i conti con la triste realtà. Sospettavamo che a breve tutto sarebbe cambiato, ma nonostante ciò nutrivamo ancora la speranza che Mattia potesse superare quel brutto momento, che si sarebbe ristabilito. Nell' ultimo periodo, la prima cosa che ci dicevamo alla consegna era " Mattia come sta ? " e nonostante le sue condizioni cliniche diventassero sempre più critiche, non ci perdevamo mai d' animo e la risposta di tutti era " Vedrete che migliorerà" ma credetemi non stavamo mentendo, semplicemente non volevamo accettare la dura realtà.

Però il giorno che mai avremmo voluto che arrivasse purtroppo è arrivato , e ancora oggi non riusciamo a renderci conto che la stanza numero 5, che ospitava Mattia, rimarrà per sempre vuota. Ci mancherà tutto di lui, ci mancherà Papi, ci mancherà Francesca, ci mancheranno i cd di Andrea Bocelli la cui voce riempiva la stanza tutte le mattine; ci mancherà la signora Dilva che, quando usciva fuori per fumare una sigaretta, ci raccomandava di stare attenti a Mattia poiché sarebbe rimasto solo per qualche minuto. Ma soprattutto ci mancherà lui, il nostro amico Mattia, la sua presenza, poiché già si avverte una grande sensazione di vuoto nel reparto. Però questa volta dobbiamo solo rassegnarci perché Mattia è andato via per sempre, non ritornerà più tra noi. Ci resterà la sua memoria tra i ricordi più importanti del nostro reparto. Un simbolo indelebile, rimarrà nei nostri cuori e veglierà da lassù su di noi per darci tutta la forza necessaria per mandare avanti la nostra missione. Mattia resterà sempre nella memoria di questo luogo per sempre. Addio caro amico "Forza Mattia".

Nicola Ciavarella, Jadwiga, Johanna, Dumitru, Darius, Maria Helena, Iwona, Hanna, Katerina, Eleonora, Nadia, Taslima, Loredana, Grazjena, Aliona, Anca, Marilù.













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