Falzes incorona lo spagnolo Izaguirre

Tanto pubblico a salutare il Giro d’Italia a Bolzano e a Bressanone. Meno del previsto, invece, sulle salite conclusive



FALZES. La prima vittoria della squadra basca Euskaltel-Euskadi arriva ai piedi delle Dolomiti, grazie a uno scatto bruciante, efficace e definitivo sulle prime rampe della salita che si conclude a Falzes, di Jon Insausti Izaguirre, che finora non era andato oltre il 14/o posto di Frosinone, nella 9/a tappa.

Grande festa di pubblico a Bolzano, al passaggio da Oltrisarco, e molto pubblico anche a Bressanone. Molti spettatori sugli ultimi tornanti prima di Falzes, ma meno pubblico del previsto sulla salita altoatesina del Giro.


Lo spagnolo Izaguirre è partito come un razzo a 4 km e mezzo dal traguardo e nessuno dei suoi compagni di fuga è riuscito a restargli attaccato alla ruota: nè De Marchi (Androni Giocattoli-Venezuela), nè Frank (Bmc), neppure Mazzanti (Farnese Selle Italia) o Bak (Lotto Belisol), figurarsi Herrada (Movistar), Maes (Omega Pharma Quick Step), Clement (Rabobank), Brandle (NetApp) o Boaro (Saxo Bank). Il primo a muoversi, all’inizio della salita, è Herrada; l’ultimo a disperarsi, il povero e sfortunato De Marchi, già protagonista di una lunga quanto inutile fuga a Cervinia, che ha scaricato la propria delusione, colpendo con un pugno il manubrio della propria bici, pochi metri prima di tagliare il traguardo. Alessandro De Marchi si era piazzato al terzo posto nella tappa alpina, sfiorando un’impresa leggendaria, e oggi ci teneva a porre il proprio sigillo su un Giro che l’Androni di Gianni Savio può già considerare estremamente positivo, per come lo ha interpretato e per i risultati ottenuti, primo fra tutti la vittoria di Roberto Ferrari a Montecatini Terme.

La tappa, aperitivo della “grande abbuffata” dolomitica in alta quota, si prestava a una fuga dalla lunga distanza, era facile prevedere che difficilmente il gruppo avrebbe reagito dopo il giorno di riposo e alla vigilia di un tappone che proporrà 4 Gp della montagna, l’ultimo dei quali posto sulla cima del Giau, a oltre 2 mila metri d’altezza. Sarebbe stato difficile immaginare un’altra sceneggiatura in una frazione che interessava a pochi e serviva a molti per riaccendere il motore, provando la propria condizione fra una gag e un’interpretazione dello stato d’animo del rivale di turno. Molti sguardi, poca voglia di pedalare. Il bello arriverà domani, dopo tanti chilometri, attacchi, fughe per la vittoria e tanta, tanta attesa, che ha caratterizzato i giorni fin qui trascorsi, partendo dalla Danimarca. La fuga decisiva di oggi è partita al km 61 e da allora ha scavato un solco profondo fra chi andava a caccia di una giornata di gloria e chi, invece, non vedeva l’ora di tagliare il traguardo, tornarsene in albergo, al calduccio, per aspettare la prima salita di domani: appuntamento sul Passo Valparola, dopo quasi 72 km dal via di Falzes.

Molto prevedibile, se non addirittura scontato, che Joaquin Rodriguez con poco avrebbe conservato la maglia rosa e si sarebbe presentato alle tappe che contano guardando tutti dall’alto: da Basso a Scarponi, da Kreuziger allo specialista Pozzovivo, al finora combattivo Cunego. Il catalano è sereno, si sente in buona forma, capisce che questo Giro, al punto in cui si trova, può solo perderlo e dunque non vede l’ora di affrontare le montagne della storia. Non a caso aspetta l’impresa sullo Stelvio, «perchè - sostiene - è una cima molto importante, dove sono state scritte pagine epiche, praticamente un mito per ogni corridore». Rodriguez punta insomma al bersaglio grosso, i suoi rivali gli preparano trappole sulla cima di ogni colle. Ma, conti alla mano, sarà difficile strappargli la leadership. Il resto fa parte dell’imponderabile, discese e maltempo compresi.













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