Franz Malinverno e gli edifici progettati a prova di suicidio

Con «Crisantemi galleggianti» il bolzanino Dario Ansaloni dà prova di un’insolita capacità di scrivere romanzi



BOLZANO. Lo psicoarchitetto Franz Malinverno progetta edifici a prova di suicidio, in grado cioè di impedire che gli occupanti si tolgano la vita. Una misteriosa ondata di suicidi si verifica nei suoi edifici e Malinverno si ritrova in un vortice tumultuoso di eventi dove nulla è come appare: Malinverno risolverà il giallo sullo sfondo di una Bologna che dovrebbe essere del futuro, ma che assomiglia maledettamente al presente.

«Crisantemi galleggianti» (Giraldi Editore) è il titolo di un romanzo insolito, dalla scrittura asciutta e lineare: ne parliamo con l’autore, Dario Ansaloni. Bolzanino, ma laureato a Bologna, è giornalista e scrittore, già collaboratore del nostro giornale.

Ma come le è venuta l’idea di un architetto che progetta edifici anti - suicidio?

«Non mi ricordo più. Io non invento mondi quando quello reale non mi piace più o mi annoia. Credo piuttosto che la funzione dello scrittore, e dell’artista in generale, sia simile a quella del lombrico che divora gli scarti della società e li restituisce sotto forma di materia vitale, riutilizzabile. Non so che cosa avevo divorato nel lontano 1996 quando ho concepito la storia di Crisantemi. La misi subito nel cassetto, giudicandola una storia totalmente delirante che non avrebbe interessato nessuno».

E quando l’ha tirata fuori?

«Stavo guidando su un’autostrada svizzera. Accesi la radio e ascoltai quello che pensai fosse un programma satirico di cattivo gusto che parlava di grattacieli abbattuti da aerei di linea. Era l’11 settembre 2001, in quella tragedia immane un pugno di suicidi stava cambiando il mondo e stava scatenando una serie di avvenimenti senza senso. Ad esempio invadere l’Afghanistan, oppure accusare colui che aveva progettato le torri, (un mite architetto giapponese che offriva il suo aiuto per determinare con sicurezza la reale dinamica del crollo), di avere progettato le torri così alte in quanto persona di bassa statura. Era proprio venuto il momento di rimettermi al lavoro su Crisantemi, la realtà aveva praticamente raggiunto la mia immaginazione».

Il suo è un romanzo pessimista?

«No, si può raccontare una storia con brutale durezza e non essere pessimisti».

E lei è pessimista?

«Depresso a volte, ma pessimista mai. Continuo a credere, contro tutto il mio buon senso, alla natura fondamentalmente buona dell’uomo. A causa di questo atteggiamento ho subìto un numero enorme di furti anche nella tranquilla Bolzano, ma che importa».

Non ha mai pensato di lasciare il suo lavoro e dedicarsi a tempo pieno alla scrittura?

«Ho paura di impazzire definitivamente. Sto più scomodo, ma molto più tranquillo sulla linea di confine, dove nessuno si aspetta niente di serio da me. né da una parte, né dall’altra. Il lavoro e la mia famiglia mi tengono coi piedi per terra e io li ringrazio per questo».

Definisca il suo libro con due aggettivi…

«Duro e beffardo».

Il suo romanzo è molto breve , non è forse troppo breve?

«Scriveva Charles Bukowski che uno scrittore veramente degno di questo nome dovrebbe essere in grado di mangiarsi ogni singola parola che ha scritto. Per questo Crisantemi è breve e digeribile».

A quando il prossimo libro?

«Attualmente mi sto dedicando al mio blog (www.crisantemigalleggianti@blogspot.it), invito i lettori a visitarlo. Nel cassetto di cui sopra c’è il mio secondo romanzo, una storia d’amore».

Cos’è per lei la scrittura?

«È il miele e io sono l’orso. Tutte le volte che ho provato a smettere di scrivere ho rischiato di diventare socialmente pericoloso». (gian)













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