«Fu Amenduni della Valbruna a pagare il riscatto per Celadon» 

Inchiesta Freeland; dalle intercettazioni rivelazioni inedite dopo 30 anni. Angelo  Zito a Bolzano con Callipari, si è vantato di aver incassato per l’organizzazione parte del riscatto



Bolzano. Il tribunale del riesame di trento ha ritenuto insufficiente il quadro indiziario emerso dall’inchesta freeland per l’ipotesi di accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso. una cosa però è certa: nell’elenco degli indagati (18 sono ancora in carcere per effetto dei singoli reati contestati al di là del presunto vincolo associativo) risultano coinvolti personaggi dal passato a dir poco inquietante. e’ il caso sicuramente di paolo pasimeni, padovano di 42 anni, che ha confessato di aver ucciso il padre (bruciandone il cadavere). anche angelo zito, 62 anni, ragioniere domiciliato a laives, (ma originario della provincia di cosenza), si sarebbe vantato del proprio passato vissuto in sintonia con la malavita organizzata. ad oltre 30 anni di distanza (con il reato ormai prescritto) l’uomo, intercettato e pedinato per mesi a bolzano nell’ambito dell’inchiesta della procura distrettuale, si sarebbe vantato di aver collaborato concretamente con la banda che nel 1988 rapì il vicentino carlo celadon (figlio del titolare di una fiorente azienda specializzata in pellame e cuoio) trasportando da nord a sud (cioè in calabria) la prima parte del riscatto pagato. il racconto di angelo zito, intercettato dagli inquirenti nel corso di quest’ultima inchiesta, è considerato molto attendibile in quanto sono stati rivelati particolari che solo chi aveva realmente partecipato al rapimento poteva conoscere. l’ostaggio rimase in calabria in mano alla banda legata alle cosche per 831 giorni e alla fine carlo celadon (così racconta oggi angelo zito) venne liberato grazie ai soldi messi a disposizione da nicola amenduni, all’epoca uno degli industriali italiani più importanti in quanto titolare delle acciaierie valbruna legato da un vincolo di forte amicizia con candido celadon, padre dell’ostaggio. all’epoca candido era disperato in quanto lo stato aveva deciso di reagire in maniera ferrea alla piaga dei sequestri di persona, sequestrando preventivamente tutti i beni dei famigliari dell’ ostaggio. come detto la soluzione venne trovata all’epoca grazie alla generosità di amenduni. le rivelazioni vennero intercettate dagli inquirenti nel corso di alcuni incontri che lo stesso zito ebbe con giuliano callipari, sempre domiciliato a laives e oggi tra gli arrestati dell’inchiesta freeland). i due si trovavano in via bari a bolzano all’interno della fiat croma di proprietà di zito il quale indicò a callipari che il capo indiscusso del sequestro sarebbe stato, un boss all’epoca latitante. deciso e di poche parole. «quello che diceva non poteva essere messo in discussione: si doveva agire». MA.BE.













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