Gallo: «Il Comune di Bolzano non è un'azienda ma dobbiamo diventare più flessibili e produttivi»

Così l'assessore al personale risponde alla pioggia di critiche, arrivata dal mondo dell'economia, alla riorganizzazione degli uffici


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Il Comune è un'azienda che opera in settori diversissimi, che non produce bulloni ma eroga servizi ai cittadini e non ha come scopo di massimizzare il profitto bensì garantire qualità sociale». Così l'assessore al personale Luigi Gallo risponde alla pioggia di critiche, arrivata dal mondo dell'economia, alla riorganizzazione degli uffici. Annunciata in pompa magna, non incide in maniera determinante sulla macchina comunale e quindi non fa prevedere che ci sarà un aumento di efficienza, efficacia e produttività da parte dei dipendenti come auspicato dai revisori dei conti.

Assessore, è vero che il Comune non produce bulloni ma non fa neppure beneficenza, in particolare in tempi in cui anche gli enti pubblici devono fare i conti con la crisi.
«È vero, ma lo ripeto: non possiamo essere paragonati ad un'azienda, perché nessun privato, ad esempio, garantirebbe farmacie in ogni quartiere anche se non è economicamente interessante e lo stesso discorso vale per impianti sportivi e scuole che ovviamente sono in perdita».
I privati e i revisori concordano sul bisogno di aumentare la produttività.
«Lo stiamo già facendo: negli ultimi 5 anni i numero dei dipendenti è rimasto stabile, ma sono aumentati i servizi e sono stati creati nuovi quartieri. Se va in pensione un usciere non è detto che venga sostituito, ma se ad andarsene è un cuoco delle Materne devono sostituirlo».
I manager che hanno riorganizzato grandi aziende sostengono però che il Comune ha troppi dipendenti, troppi uffici e quindi spese fisse eccessive.
«Tanto per cominciare dei 170 milioni di euro di spese fisse solo il 27% è destinato al personale. Al di là delle cifre comunque, ammetto che i privati sono bravi a razionalizzare».
E allora perché non recepire almeno in parte quella filosofia, per far funzionare meglio l'apparato burocratico?
«Perché la loro formula è quella di sempre: scaricano sulla collettività i costi sociali (cassa integrazione, prepensionamenti, disagio sociale) e tenersi i profitti. I privati si vantano di ridurre il personale: c'è poco da vantarsi, ridurre le occasioni di lavoro significa ridurre l'occupazione totale e creare crisi sociale».
Imprenditori a parte, i suoi avversari politici dicono che mettere un esponente di Rifondazione all'assessorato al personale è come mettere Dracula a vigilare sulla banca del sangue.
«Non sono Marchionne, ma non credo che i suoi dipendenti siano contenti».
Non saranno contenti, ma l'accordo per Pomigliano e Mirafiori, è stato approvato, ovviamente chi lavora per l'ente pubblico sta meglio, perché ha la certezza del posto di lavoro e una serie di agevolazioni a partire dall'orario.
«E questo è negativo?»
Assolutamente no, ma bisogna sempre tener presente che il denaro che si spende è pubblico.
«Lo sappiamo perfettamente. Vogliamo però anche dare ai dipendenti la possibilità di conciliare lavoro e famiglia offrendo loro la possibilità di fare part-time e flessibilità nell'orario di entrata e di uscita. È anche così che si sostiene la famiglia: si muovono in questa direzione pure molte aziende private».
Giusto: l'importante però è che venga garantita l'efficienza del servizio.
«È garantita eccome. Quello che conta non sono le ore che uno passa in ufficio, ma il risultato».
Tra le critiche c'è anche quella relativa ai dirigenti: troppi e con pochi dipendenti da organizzare.
«I dipendenti dell'ufficio non sono l'unica variabile e nemmeno la più importante per giustificarne l'esistenza. In ogni caso non è facile non rinnovare l'incarico ad un dirigente, le vicende relative alla ripartizione cultura lo confermano. E comunque, dopo 15 anni che uno fa il dirigente, lo devi pagare come tale anche se non gli rinnovi l'incarico».
Insomma, va tutto bene e non c'è bisogno di fare cambiamenti.
«Non serve la rivoluzione, ma è vero che ci sono margini di miglioramento: si può aumentare la produttività ma soprattutto deve esserci più flessibilità da parte de dipendente pubblico e più apertura all'innovazione».

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