bolzano

Gli orfani di femminicidio: «Siamo vittime anche noi» 

Toccante serata del Teatro Cristallo con Unicef e le testimonianze di molti protagonisti. La garante Garlatti: «I superstiti devono convivere con le conseguenze della violenza assistita» 


Cristina Pelagatti


BOLZANO. I cittadini, gli operatori ed i tanti studenti che giovedì sera al teatro Cristallo hanno partecipato all’incontro «Le altre vittime del femminicidio» hanno avuto la consapevolezza di avere assistito a qualcosa di importante.

Difficile non farsi toccare dalle parole di Giuseppe Delmonte e Francesca Nifosi, orfani di femminicidio, uno da giovane ragazzo, l’altra da bambina. Impossibile non rimanere esterrefatti dai racconti di Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, massacrata nel 2015 da 47 coltellate inferte dal suo ex marito, padre della sua piccola bimba. L’aveva lasciato e denunciato, proprio il giorno prima che iniziasse il processo che lo vedeva imputato per stalking.

E ancora, Giovanna Zizzo, mamma di Laura Russo, bimba di 11 anni che il padre ha deciso di uccidere per vendicarsi della moglie che, dopo aver scoperto un tradimento di anni, aveva chiesto un momento di pausa. È stata ferita in modo quasi letale anche l’altra figlia, Marika, miracolosamente sopravvissuta ad una grave emorragia interna e a giorni di coma. Davvero arduo non emozionarsi con la storia di Carlo Micheluzzi, fratello di Viviana Micheluzzi, apicoltrice della Val di Fiemme vittima di un femminicidio-suicidio da parte del marito, che lascia tre figli ed un’azienda agricola, I dolci sapori del bosco, dal cui nome nascerà ora un’associazione in sua memoria.

Sono Giuseppe, Francesca, Vera ed Asia, la figlia di Giordana, Giovanna con i figli Marika, Andrea ed Emanuele e Carlo con i tre nipoti le «altre vittime del femminicidio», figure che provano un dolore inconcepibile, ma che vengono derubricate normalmente al ruolo di «vittime secondarie», persone che nel momento stesso del femminicidio devono cominciare una nuova vita, piena di difficoltà, burocratiche, psicologiche ed economiche.

Lo ha ricordato in un video messaggio Carla Garlatti, autorità nazionale garante per infanzia e adolescenza: «Sono vittime anche le persone che restano, che devono convivere con le conseguenze della violenza assistita, a volte anche subita. La cosa che dobbiamo fare è lavorare per un cambiamento culturale, educare alla parità di genere, perché il femminicidio non è uno sfortunato evento isolato, nasce da un contesto culturale con un substrato patriarcale che va cambiato».

L’incontro, organizzato dal teatro Cristallo con Unicef Bolzano, è stato introdotto da Patrizia Daidone, presidentessa di Unicef Bolzano, ha visto tra i partecipanti anche il questore di Bolzano Giancarlo Pallini ed è stato moderato dall’avvocata Patrizia Schiarizza, presidente dell’associazione Giardino segreto, che si occupa degli orfani di crimini domestici ai quali è dedicato il progetto Airone ed ha ricordato. «Come dice la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, nel caso del femminicidio la differenza tra vittima e carnefice non è netta, la donna è spesso trattata come corresponsabile, 'se l’è cercata', si dice», così Schiarizza.

La psicologa e terapeuta dell’età infantile Emanuela Iacchia ha permesso di contestualizzare il fenomeno dal punto di vista psicologico, mentre Cristina De Paoli, responsabile area prevenzione dell’Associazione La Strada-Der Weg ha parlato dell’importanza di «dare voce ai minori, perché loro non ce l’hanno».













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