Il caso

Guadagna più di 240 mila euro, medico deve ridarne 35mila all’Asl 

Impossibile per qualsiasi dipendente pubblico guadagnare più del presidente della Repubblica. Lo specialista in pensione che lavora come contrattista per l’Asl fa ricorso ma perde sia in primo che secondo grado e paga le spese


Valeria Frangipane


BOLZANO. Impossibile per qualsiasi dipendente pubblico guadagnare più del Presidente della Repubblica. La legge Madia ha fissato il limite dei 240 mila euro lordi l’anno, tetto stipendiale non oltrepassabile.

Per questo prima l’Azienda sanitaria, poi il Tribunale di Bolzano, quindi anche la Corte d’appello hanno dato torto ad un medico libero professionista, che aveva stipulato diversi contratti d'opera per lavorare in vari ospedali della Provincia. Questi i fatti. Succede che lo specialista va in pensione ma continua a lavorare per l’Asl, guadagna troppo e incassa lo stop.

L’Azienda si accorge infatti che cumulando pensione e corrispettivi dei vari contratti, nel 2015 il professionista supera il limite dei 240 mila euro e quindi non solo nega al medico la liquidazione dell'ultima fattura di 48.000, ma chiede la restituzione dei 34.500 euro già pagati in eccedenza. Lo specialista fa ricorso perchè sostiene che al suo caso risulti applicabile il limite introdotto dal legislatore provinciale nel 2015 (successivamente abrogato nel 2016), che aveva aumentato a 288.000 euro il tetto massimo per i compensi erogati dall'Asl.

Ma si scontra con la reazione dell'Azienda sanitaria che presenta opposizione in Tribunale, sostiene l'integrale applicabilità della normativa statale sul “tetto retributivo", precisa che il professionista ha già superato il limite annuo di 240.000 euro e addirittura chiede la restituzione di 34.500 euro già versati in eccedenza. Tribunale e Corte d’appello danno ragione all’Asl ed il medico adesso si ritrova a rifondere anche le spese di giudizio per 6.600 euro.

L’avvocato Marco Cappello - direttore della Ripartizione legale dell’Asl - dice che l'interessato non ha accettato la sentenza di primo grado ed ha fatto appello, ma nessuno di 5 rilievi sollevati è stato accolto e la Corte d'Appello ha stabilito che tutti i dubbi precedentemente sollevati sulla legittimità costituzionale del cosiddetto "tetto retributivo” erano stati nel frattempo fugati dalla Consulta, con sentenza n. 124/2017 che ha confermato il limite massimo di 240.000 euro, inteso come importo annuo lordo.

Sempre la Corte d’Appello ha chiarito inoltre che non si è verificato alcun "ingiusto" arricchimento parte dell'Asl a danno del medico, in quanto tutte le prestazioni offerte trovano titolo nei vari contratti d'opera da lui stipulati ed ai quali - nella parte relativa all'ammontare del corrispettivo - si è sostituita di diritto la norma che impone il tetto massimo ai compensi. Ma non è finita qui - conclude Cappello - la sentenza della Corte d'Appello ha confermato la decisione di primo grado, con la conseguenza che il medico non solo non ha ottenuto i 48.000 euro che pretendeva, ma è stato pure condannato a restituire 34.500 euro all'Asl e a pagare le spese di giudizio».













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