Heinrich Erhard: «Attenti al lupo, sta tornando»

In pensione lo storico direttore dell’Ufficio caccia e pesca: «Altro che orso. Arriverà in branchi, ma non siamo attrezzati»


di Davide Pasquali


BOLZANO. Se lo vai a intervistare, alla fine ti regala dei kaminwurst, scuri scuri, sottovuoto. Mica maiale o manzo, bensì stambecco: «Quando il presidente Luis Durnwalder ha saputo che sarei andato in pensione m’ha regalato uno stambecco, da prelevare».

A parlare è lo storico direttore dell’ufficio caccia e pesca della Provincia, Heinrich Erhard, che fra pochi giorni lascia, dopo 35 anni. Siccome è lui stesso cacciatore e pescatore, ne ha, di storie da raccontare. Come di quella volta che nel 1988 andò nell’austriaca Piztal con l’allora assessore all’agricoltura Durnwalder, che lassù fece fuori il suo primo stambecco, specie poi reintrodotta anche da noi. O di quella volta che andò in Bulgaria a sparare ai cervi enormi, dove però la caccia è affare dei ricchi: paghi (tanto) ma quasi niente soddisfazione. O del tal grosso imprenditore sudtirolese che, nella sua cantina-santuario, fra i suoi trofei tiene pure zanne di diversi elefanti e resti imbalsamati di imponenti predatori esotici. “Prelevati” da lui medesimo.

Per anni Erhard ha gestito 12 mila pescatori e 6.500 cacciatori, fra tante soddisfazioni, ma anche critiche e criticità varie. Soddisfazione per aver reso obbligatorio l’esame di pesca, «utile per avvicinare i pescatori a una visione più ecologica, più naturale. Devono avere una preparazione». Soddisfazione per aver fatto riconoscere il severissimo esame venatorio altoatesino anche in Germania, «e siamo gli unici in Italia». (E la soddisfazione in questo caso nasce anche dal fatto che «tanti italiani emigrati in Germania, meridionali per lo più, ora vengono in Alto Adige a sostenere il loro esame di caccia, così lo fanno in italiano, ma tanto poi in Germania gli vale lo stesso»).

Soddisfazione per la collaborazione avuta con i Bacini montani di Pollinger, «che si stanno adoperando con grande impegno per rendere più naturali fiumi e torrenti, permettendo ai pesci di scendere e di risalire la corrente anziché sbarrargliela». Soddisfazione per avere avuto sempre collaboratori «bravi, leali, competenti». I problemi però non sono mancati. Recenti e datati. Piccoli e grandi.

Esempio: «Quest’anno ha nevicato molto, ma per fortuna le temperature non si sono abbassate. Il mix sarebbe stato letale, ma i dati degli agenti venatori sono rassicuranti: più perdite della media, ma niente di eccezionale». Problemi permangono sempre nei corsi d’acqua, a causa dello sfruttamento energetico per la produzione idroelettrica: «Gli sbalzi di portata continuano a danneggiare le specie ittiche». E sui fiumi, specie in zona Adige, proliferano i volatili ittiofagi: «L’airone non crea più di tanti danni, anche perché caccia anche anfibi e roditori, non così il cormorano, di cui abbiamo censito una ottantina di esemplari, che svernano qui da novembre a febbraio. Nell’83 mi ricordo quando avvistammo il primo, a Caldaro... I cacciatori non si espongono, perché come trofeo valgono niente». Quindi i cormorani proliferano. «L’analisi stomacale degli esemplari abbattuti, il 20% del totale, ha evidenziato che si cibano per lo più di temoli, che vivono in branchi: sono la loro specie prediletta proprio perché il cormorano vive e caccia in branchi. Anche per questo i temoli nell’Adige sono meno che in passato».

E l’orso? «Da noi l’habitat ideale c’è, qualche impatto c’è, ma sono casi sporadici. Ci sono orsi che si comportano bene, altri meno. Molto più impattante è il lupo, che sta per arrivare». Tra val d’Ultimo e Venosta ce n’è già uno. Che già ha predato, anche se fauna selvatica. «L’orso fa delle predazioni, però si tratta di singoli esemplari che sono proprio dannosi. I lupi lo sono tutti: sono carnivori, non onnivori come l’orso. Per il nostro sistema del pascolo allo stato brado ci sarà un impatto enorme». È solo questione di tempo. «E noi ora non siamo preparati. Sarà questa la vera sfida del mio successore».

Si tratta di lupi dell’Appennino, «che si sono fatti tutto l’arco alpino. Stanno arrivando dalla Svizzera». Dove però, per sintetizzare, se serve li fanno fuori, mentre da noi non si può. «La specie deve essere protetta e non si possono abbattere esemplari». A meno che non lo si faccia illegalmente, come accade spesso in Italia, quando il pericolo arriva. E in branco. «Per ora in Alto Adige la politica è prevenire che non vengano, ma non basta». Ci vorrebbe una rivoluzione negli allevamenti, con nuovi finanziamenti: raccogliere pecore e capre negli stazzi la sera, cosa che oggi non si fa. «Gli ovi-caprini vengono lasciati fuori, soli, per tutta la settimana...» Sarà una strage.

Per quanto riguarda altri animali strani o stranieri, la lince ormai è sparita, anche in Trentino. «Arriverà però lo sciacallo dorato; in Friuli c’è già, arriva dai Balcani. Una grossa volpe, zampe alte, peso molto superiore. Prederà qualche capriolo, ma l’impatto sarà sostenibile».

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