La storia

«Ho 11 anni e soffro di Adhd ma sto imparando a conviverci» 

Andrea è affetto dalla sindrome detta disturbo da deficit di attenzione iperattività, racconta come  sia dura gestire disattenzione, disorganizzazione, iperattività e impulsività. «Gli adulti spesso non capiscono»


Maddalena Ansaloni


BOLZANO. Nel 2020 al centro giovani Bluspace di musicablu, con la collaborazione di Cooltour è nata l'idea di un blog dove poter dare voce alle idee e ai pensieri dei bambini. Si chiama “CuriousSparks” e comprende workshop sui diversi linguaggi con cui raccontare una storia: scrittura, disegno, fotografia e anche articoli e interviste. Adesso il progetto è in pausa ma i bambini e ragazzi che ne hanno fatto parte continuano a prenderlo in considerazione per realizzare le loro idee.

Andrea, ragazzo che, durante il suo percorso a “Curious Sparks”, ha espresso il desiderio di parlare di diversità, raccontandoci la sua storia. L’Adhd è un disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è caratterizzato da livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività. L’intervista è autorizzata dai genitori. «Ho 11 anni e soffro di Adhd - racconta -. Non vorrei iniziare parlando di me, ma parlando a quelli che come me hanno un problema con cui devono convivere. I difetti che abbiamo, anche se non ci vanno bene, e di certo non ci aiutano, sono sempre un qualcosa in più. Questo è il pensiero che faccio per non buttarmi giù e per avere una grande autostima».

Andrea parla già come un adulto. Sa raccontare, scegliere i tempi, tenere sulle spine.

«La Adhd - continua - la vorrei spiegare in parole semplici, come ha fatto mia madre con me: è un disturbo dell’attenzione che causa anche iperattività e problemi nel movimento. Almeno questo è quello che ti dicono, ma per me, che la vivo, vuol dire di più. Vuol dire anche cose belle a volte: sentirsi più liberi, più felici ed energici. Poi col tempo cambia molto... Il problema rimane agli stessi livelli, ma noi cresciamo e impariamo a conviverci, curare non si può. Ci sono molti psicologi che parlano di questa malattia, ma chi ne soffre talvolta è il più portato a parlarne perché la vive ogni giorno. Mi viene in mente Pierluigi Cuccito, che è uno scrittore affetto da Disprassia. Ha scritto molti libri sulla diversità, ha raccontato di lui in questo libro che si chiama “Nandèra” e dà qualche consiglio ai bambini affetti da questa patologia. Anche io ho la Disprassia, è una malattia poco conosciuta. Fai fatica a tenere le cose: ti scivolano, le articolazioni sono molli. Ho anche la sindrome di Tourette, questa invece si manifesta con i tic: chiudo tanto gli occhi, per esempio.

Quando ti è stato detto che eri affetto da queste malattie? A mia madre è stato detto pochi mesi dopo la mia nascita. All’età di 3-4 anni iniziavo anch’io a capire che facevo più fatica a fare determinate cose, a tenere bene il bicchiere. Mi capita spesso di inciampare, ho problemi motori. L’ho scoperto un po' alla volta. Da piccolo vedevo gli altri bambini che giocavano, correvano, imparavano pian piano ad andare in bici... Io facevo molta più fatica a stare in equilibrio. Ho iniziato a percepire i problemi motori e poi il resto. Da piccolo capivo molto meno i miei problemi e riuscivo a gestirli meno. Avevo molti più tic, parlavo di più, facevo fatica a controllarmi. Adesso va meglio perché sto crescendo, soprattutto grazie alla scuola.

È stato difficile a scuola all'inizio? Ero agitato, parlavo molto di più di come parlo adesso. Ero difficile da gestire e alcuni maestri non sapevano farlo. Delle volte spiegano e non capisco, ma questo è soprattutto perché in classe dopo 10, 20 minuti perdo l'attenzione. Riesco a stare attento in italiano, geografia, storia... nelle cose che mi piacciono, lì posso stare attento anche due ore. Ogni tanto posso uscire dalla classe. I bambini con questi problemi vanno tenuti occupati, lasciare che giochino, distrarli in modo che si stanchino e poi stiano più tranquilli.

E ai tuoi compagni lo avevi spiegato? I miei compagni di classe li ho aggiornati un po’ alla volta sui miei problemi. Loro l’hanno presa normalmente, sono sempre stati buoni con me, non troppo perché comunque a scuola si litiga, però mi hanno sempre trattato in modo normale. A volte i bambini sanno essere più delicati degli adulti, ho visto miei insegnanti prendersela con bambini più sensibili di me che ci sono rimasti male. Ho avuto molti più problemi con gli adulti che con i bambini.

Ti sei mai sentito diverso dagli altri o trattato diversamente? Questa domanda me la fa spesso anche il mio psicologo. No, non mi sono mai sentito diverso, trattato male o escluso. Però ho visto altri bambini in queste situazioni. Bambini più agitati che dovevano prendere anche le medicine. Io non le prendo perché non mi piace ingoiare le pasticche, quindi cerco di fare senza. Ho imparato a gestirmi senza medicine.

Per molti bambini è difficile affrontare la timidezza, il tuo parlare “tanto” può essere considerabile una marcia in più? Sì, per molti bambini è difficile affrontare la timidezza. Però mi è capitato che quando parlavo tanto le persone lo vedessero come un modo per stare al centro dell'attenzione, ma non è così. È un problema che negli anni ho imparato a gestire ma che non si risolve facilmente. Mi piace parlare, raccontare, far capire le cose alle persone. Io so che, anche se non avessi questo problema, aiuterei un bambino che lo ha. Gli starei accanto nei momenti più duri e gli direi di non buttarsi giù. Ho provato su di me quanto tutto questo faccia male all'autostima.

Una persona che per te è un esempio da seguire? Mia madre, si è impegnata molto per tutti questi anni. Mi è stata vicino sempre senza essere soffocante, è stata, semplice, come una madre.

Cosa vorresti fare da grande? Il poliziotto, vivere molte avventure e aiutare gli altri... Mi immagino in borghese come nei film. Però mi piacerebbe anche girare per le scuole a parlare della Adhd, informarmi e informare gli altri, così che poi possano capire. La cattiveria si manifesta quando le persone non capiscono. Iniziano a parlare e tu vorresti che si fermassero perché parlano di te come se ti avessero capito ma non è così. È per questo che bisogna informare ed è anche importante che siano i diretti interessati a farlo.

 













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