I negozi lanciano la sfida ai megastore

Le ricette di Comune, Provincia ed esercenti: museo diffuso, servizi per anziani, made in Italy e marketing urbano


di Davide Pasquali


BOLZANO. Negozi di vicinato, futuro incerto. «Qualcosa si può fare, si deve fare. Comune, Provincia e Confesercenti proveranno a farlo?» Ieri, moderato e stimolato dal direttore dell’Alto Adige Alberto Faustini, si è tenuto il primo di una serie di incontri in programma fra istituzioni locali e associazioni di categoria cui hanno partecipato Federico Tibaldo e Mirco Benetello, rispettivamente presidente e direttore di Confesercenti, il vicepresidente della Provincia Christian Tommasini e il vicesindaco Christoph Baur. Museo diffuso nei quartieri per attrarre turisti interni ossia bolzanini dagli altri rioni; ricerca della via giuridica per poter concedere usi temporanei di vetrine vuote; più servizi sotto casa per la popolazione che invecchia; più collaborazioni con l’Ipes per snellire le pratiche di cambio di destinazione d’uso dei negozi vuoti di sua proprietà; marketing urbano ma rivolto più verso i bolzanini che non verso i turisti; made in Italy di qualità a partire dal food. Queste sono solo alcune delle ricette sulle quali s’è iniziato a ragionare.

I 420 negozi vuoti. Li ha fatti contare l’assessore all’urbanistica Baur, a febbraio scorso, anche per sfatare alcuni miti, fra i quali che “sono vuoti perché i grandi proprietari pretendono affitti troppo alti”. «In realtà, dal nostro censimento risulta che i grandi proprietari - Habitat, Comune, Provincia, Ipes - contano ben pochi negozi vuoti». Per Tibaldo, comunque, «le vetrine vuote in città sono troppe, la proprietà non sempre è attenta come dovrebbe, e così viene a mancare un presidio sul territorio, anche in termini di sicurezza. E poi il Twenty ha stravolto tutto. Per non parlare delle liberalizzazioni di Monti; noi a livello nazionale stiamo chiedendo una moratoria di cinque anni per curare i feriti». Confesercenti non è contro i centri commerciali, così Benetello, che, fra il resto, «hanno praticamente azzerato il turismo commerciale verso Veneto e Austria e portato Bolzano a essere una città allineata a tutte le altre di simili dimensioni». Però restano troppe vetrine deserte e anche se le si riempie, sono troppo spesso solo servizi e bar. E non è la stessa cosa.

Servono leggi più snelle. Il Comune, ha spiegato Baur, suo malgrado ha per ora un ruolo abbastanza passivo. «Cambiare destinazione d’uso di un immobile vuoto è affare lungo e complesso, e costa ogni volta». E allora le vetrine restano vuote. Da qui la richiesta alla Provincia: «Dobbiamo adeguarci ai tempi nuovi. Dovremmo poter concedere in massimo due giorni un locale per usi temporanei». Magari a associazioni, enti ecc. Oggi non si può fare, «con la futura legge urbanistica provinciale dovremmo avere maggiori spazi di manovra».

Stadtmarketing. Il Comune però si sta muovendo anche su un altro versante. Il marketing urbano. Baur: «Non tanto verso l’esterno, ma verso i bolzanini. Viaggiamo ancora troppo a compartimenti stagni. Per questo abbiamo avviato un gruppo di lavoro con professionisti e categorie economiche. Partiamo da un input di carattere culturale: come vorremmo vivere a Bolzano?» Bene ha sintetizzato Benetello: «Dovremmo trasformare i bolzanini in turisti della loro città». Baur, anche a rischio di esser frainteso per via della semplificazione, fa degli esempi: «Ci sono venti cantine di vini a Bolzano, ma nei rioni fuori dal centro non si trova un vino sudtirolese. Allo stesso modo, dall’Austria o dalla Germania vengono a cercare l’Italia in centro storico, ma lì non la trovano». Il made in Italy di qualità, che invece nei quartieri esiste, dovrebbe essere messo in rete e valorizzato. In primis da e per i bolzanini.

I tre grandi problemi. Li ha evidenziati Tommasini. «Per i negozi di vicinato i costi sono troppo elevati e la burocrazia è pesante. Si devono mettere in piedi reti di collaborazione più strette fra esercenti e con le istituzioni. Da soli non ce la si fa». Poi, «molti sono bravissimi a gestire attività che prosperano e durano 30-40 anni, ma poi non costruiscono la successione». Infine, «la popolazione sta invecchiando. Non si deve puntare solo sull’online. Servono negozi sotto casa con servizi per questa tipologia di clienti, sempre più numerosa».

Soluzioni. Siamo soltanto all’inizio, ma si è cominciato a parlarne. D’accordo a collaborare, Comune Provincia ed esercenti si sono detti soprattutto su due aspetti. Primo: la creazione di una sorta di museo diffuso nei quartieri, che attiri turisti bolzanini, ma anche locali dai dintorni; e turisti da fuori. Secondo: la messa in rete del made in Italy di qualità, che già esiste, magari alzando un po’ l’asticella e convincendo gli esercenti a migliorarsi ancora. «A Bolzano - così Tommasini - il tessuto popolare, autoctono, esiste più che in altre città simili. Insomma, possiamo ancora agire, provare a governare il fenomeno. Il commercio di vicinato aumenta la qualità della vita, soprattutto perché eleva la qualità delle relazioni umane».

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