Il caso

I vertici di Unibz: «Caro affitti, a rischio il futuro dell’ateneo» 

Prezzi alle stelle, il direttore Günther Mathà: «Serve un piano d’emergenza per reperire in fretta alloggi a prezzi calmierati». Il 30% di chi passa i test di ammissione rinuncia per il problema casa. «Svincolare aree a Bolzano sud per gli studentati»


Paolo Campostrini


BOLZANO. «Bolzano, se continua così, si dovrà scordare di diventare una città universitaria a tutti gli effetti». Se continua così cosa, direttore? «Evitando di affrontare il suo problema abitativo in modo sistemico».

Traduzione: il combinato disposto di un contesto di affitti privati da 580 euro a stanza (a stanza, non a casa) coniugato con la scarsità cronica di studentati, priverà la città di un futuro di sviluppo accademico superiore a quello configurabile in un piccolo cabotaggio. Piccolissimo. «Il problema non sono i 580 a stanza, almeno, non solo - chiarisce Günther Mathà, direttore di Unibz - ma l’impossibilità di trovare opzioni alternative. Chi se lo può permettere è una minoranza. La maggioranza attende spesso inutilmente un letto in uno studentato da 300 euro massimo».

La questione è dunque di contesto. Sia legato alla politica e dunque al pubblico, sia al privato. Su quest’ultimo fronte l’ateneo ha attivato da tempo ogni possibile leva.

L’ultima è una sinergia col Mua, costola studentesca dell’Upad, per mettere in comunicazione gli universitari con gli alloggi sul mercato.

Risultato: da anni girano sempre quella trentina di appartamenti dell’inizio. E sono occupati dopo due giorni.

La penultima è la convocazione nelle aule di Unibz di associazioni di proprietari per illustrare le opportunità di un collegamento con le istituzioni accademiche. E il progetto provinciale e comunale di aumentare le tasse per chi tiene sfitte le proprietà immobiliari? «Una goccia nel mare» sentenziano i vertici dell'ateneo. Perché se poi quelle case tornassero sul mercato ai prezzi di cui sopra, l’emergenza non arretrerebbe.

Cosa si intende per affrontare la questione in modo sistemico?

Muoversi su più fronti. Sollecitare dal Comune i cambi di destinazione d’uso delle aree soprattutto a Bolzano sud da destinare ad alloggi, riattivare una politica abitativa capace di stimolare i privati attraverso agevolazioni più che tassazioni, disegnare corsie preferenziali rispetto a progetti di riconversione e riqualificazione dell’esistente e infine promuovere anche interventi pubblici mirati.

Questo perché? «La ragione è che non c’è più tempo. Tutte le norme in campo - obietta Mathà - hanno un orizzonte di lungo, massimo di medio periodo. Ma la realtà ci dice che le necessità sono sul breve. Spesso sul brevissimo».

Un esempio? La facoltà di Ingegneria. Quattrocento persone tra studenti e docenti che dovranno riempire le aule della costruenda facoltà al Noi Techpark di via Volta, ma che - in queste condizioni - non troveranno mai le case in cui dormire prima e dopo le lezioni.

«Il fabbisogno calcolato per i prossimi mesi da Unibz - dichiarano i vertici dell’università di Bolzano - balla tra quattrocento e cinquecento posti letto. Un calcolo in difetto, fermo solo ad oggi».

Il rischio, già posto in essere e non più teorico, è che centinaia di potenziali cervelli in grado di qualificare il territorio lo facciano altrove. Solo a Trento, il costo di una stanza supera di poco i 300 euro. Arriva a 500 soltanto in grandi centri universitari, come Milano, Bologna o Monaco. «Ma lì - aggiunte Mathà - c’è la possibilità per chi non ci arriva, di trovare alternative abitative in periferia intorno ai 300 euro, e poi sfruttare le veloci reti della metro».

Qui no, perché il territorio, invece di abbassare i prezzi, spesso li alza giocando sul fatto di trovarsi in aree turistiche. Il risultato è che il 25-30% dei ragazzi che hanno superato la preselezione per il primo anno rinunciano regolarmente dopo aver verificato il livello degli affitti bolzanini.

Un impoverimento che mette i brividi soprattutto al mondo economico che attende come il pane personale qualificato. Questo per il mondo studentesco. Allargando lo sguardo, lo stesso caro casa è poi all'origine di una ulteriore fuga: quella dei cittadini che lavorano. E che sei trasformano in pendolari, aggravando un altra emergenza, quella del traffico.













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