Il capotreno: «Aggressioni e a decine senza biglietto»

Il racconto: «Sulla linea per Verona ogni giorno 100 mendicanti che non pagano» L’appello: «Serve più polizia su convogli. Veniamo insultati e minacciati»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Volevano fare solo i capitreno... La vita sui binari li costringe a diventare mediatori, pubblici ufficiali (disarmati), psicologi. «E c’è chi va in crisi. L’episodio di Brunico di sabato scorso, con due uomini agitati e ubriachi che hanno monopolizzato e spaventato un treno intero è un caso limite, ma almeno è servito per fare capire come è cambiata la vita di noi ferrovieri».

Parla un capotreno di Trenitalia, da una decina di anni in servizio. Ha accettato di raccontare (in forma anonima) cosa succede sui treni, confermando l’allarme lanciato sul nostro giornale nei giorni scorsi da Christian Tschigg (Fit-Cisl), forte dei risultati di un questionario secondo cui il 38% del personale Trenitalia del Trentino Alto Adige subisce aggressioni fisiche e il 90% aggressioni verbali.

È cambiato il suo lavoro in questi dieci anni?

«Molto. In bene e in male. In bene, perché progressivamente sono stati rinnovati i treni. Una volta dovevamo fare fronte alle proteste dei viaggiatori. “Fa freddo”, “è sporco”, “è in ritardo”. Oggettivamente oggi si viaggia in modo confortevole. Ma il lavoro di controlleria su alcuni treni, in alcuni orari, è diventato un problema vero. Come dicevo, Brunico è un episodio limite, ma la nostra quotidianità può essere uno stillicidio di tensione».

Lei è mai stato aggredito fisicamente?

«Ho subito tre episodi brutti. Una volta sono stato buttato a terra: ho dovuto chiamare la Polfer in aiuto, che ha fatto partire la denuncia d’ufficio. Ci sarà un processo. Le aggressioni verbali sono molto frequenti».

Qual è il problema più serio che incontrate?

«Ci sono i famosi “treni” critici della linea da Verona. Ogni giorno almeno un centinaio di giovani nigeriani partono da Verona per venire a elemosinare in regione. Sono organizzati tra di loro, salgono su un paio di treni regionali alla mattina presto e scendono a Rovereto, Trento e Bolzano. Nel primo pomeriggio sono di nuovo in treno per tornare a Verona. Quasi nessuno di loro ha il biglietto. Il mio lavoro è fare rispettare le regole. Fai le multe, ma non vengono pagate. Allora li devi convincere a scendere alla stazione successiva.Convincere, perché non li puoi obbligare. Ci provi con uno, con due, ne puoi avere venti-trenta nello stesso treno. Si appellano alla tua pietà, ti dicono che non hanno soldi, che devono mangiare. Ma tu sai che spesso un po’ di soldi ci sono e forse non sono nemmeno pochi. Allora insisti, perché è il tuo lavoro...».

E cosa succede?

«Se li incalzi, possono diventare aggressivi».

Per le colleghe non sarà semplice.

«Con le donne ci vanno ancora più pesanti».

I passeggeri come reagiscono?

«Capitolo a parte: i vagoni si dividono in due gruppi: si forma il gruppo di chi difende gli africani e si offre di pagare loro il biglietto e c’è chi protesta “le regole valgono per tutti”. Si creano dei litigi epici. Una volta quasi dovevo dividerli».

Poi c’è il problema dell’alcol.

«Nei fine settimana, sulla linea per Merano o per Bressanone. Tanti ragazzi “locali” ubriachi. Si portano le bottiglie. Quando scendono, lasciano tutto. Non sono aggressivi, ma fanno molta confusione».

Anche minorenni?

«Soprattutto minorenni».

Pensava che il suo lavoro sarebbe stato così complicato?

«No, ovviamente. Ma non è sempre così. Come detto, ci sono alcuni treni critici in alcuni orari. Per il resto, i nostri viaggiatori sono perfetti. Pendolari tranquillissimi. E il tema della sicurezza viene affrontato».

Cosa servirebbe?

«Più agenti della Polfer con noi: sono scortati solo alcuni dei treni critici. E più personale: noi capitreno siamo soli, con il macchinista. Dobbiamo gestire treni con trecento persone a bordo».

Il 59% dei ferrovieri è favorevole, secondo il questionario, a uno strumento di difesa. Lei vorrebbe essere armato?

«Credo che si riferissero più ai taser che alle pistole. Io non userei un’arma, magari potrebbe servire come dissuasione. Sinceramente, mi sentirei più tranquillo con un collega a fianco». (fr.g.)

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