Il gardenese Batista Vinatzer il mago delle vie «dirette»

Bolzano. Scriveva nel 1972 sulla rivista mensile del Cai Alessandro Gogna, poi uno dei maggiori storici dell’arrampicata dolomitica, riferendosi al gardenese Batista Vinatzer, apritore della via al...



Bolzano. Scriveva nel 1972 sulla rivista mensile del Cai Alessandro Gogna, poi uno dei maggiori storici dell’arrampicata dolomitica, riferendosi al gardenese Batista Vinatzer, apritore della via al Sass dla Luesa: «Ho parlato recentemente con lui. Molte cose mi hanno colpito della sua forte personalità e del suo buon carattere. Di più, ho notato una sua frase: “Quando io facevo una salita, non mi preoccupavo molto di ciò che avrei dovuto fare: più che altro osservavo l’attacco e l’uscita”. Cioè l’inizio e la fine. Ciò spiega perché le sue vie 1) siano sempre così splendidamente diritte, lungo fessure che non concedono quasi nulla agli andirivieni, e 2) perché oggi non siano così chiodate come tante altre. Penso infatti che il procedere diritti fidando più nel caso e nella propria forza, favorisca molto la geometria di una via; e penso soprattutto che, come Vinatzer non badava ai tratti intermedi della via, così non badava molto neppure, in ogni singola lunghezza di corda, alle difficoltà intermedie. Partiva, lasciava il suo compagno con la corda in mano, e ciò che lo interessava non era lo strapiombo, la strozzatura, il tratto liscio, bensì unicamente il terrazzino, trenta o quaranta metri sopra. Questo lo portava a superare tratti estremi senza interruzione. Ed anche oggi, sia perché le sue vie non sono ripetutissime, sia perché molto spesso, quando se ne ha bisogno, non si riesce a piantare un chiodo intermedio, anche ora le sue vie sono il grande modello di continuità». Lo rimangono, anche oggi, mezzo secolo dopo, quando con le protezioni veloci si può sopperire in fretta. Le vie Vinatzer, atletiche, dirette o meglio diritte come una fucilata, non scevre da tratti di roccia friabile e ancora delicata nonostante le ripetizioni che in ottant’anni si sono moltiplicate, rimangono un qualcosa sempre affrontato con grande rispetto. Il rispetto tributato a un personaggio che l’alpinismo internazionale ha impiegato decenni a riconoscere come un mago.













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