Bolzano

Il murale gigante di Gino Pasqualotto fa emozionare famiglia, amici e tifosi 

La vedova, il figlio, l’ex compagno di squadra Robert Oberrauch e l’amico storico Luca Zanoni con l’assessore Juri Andriollo davanti al palazzetto per un sopralluogo. «È un primo passo, molto bello. Lui, a vedersi ritratto così, avrebbe commentato con la solita modestia»


Sara Martinello


BOLZANO. Certo, vanno sistemati gli ultimi dettagli. La stella dovrebbe diventare gialla, i pattini e la spatola neri, sulla stecca manca una “T”. Chi lo guarda con gli occhi del cuore, quel volto ritratto sulla parete del Palaonda lo vorrebbe più dolce nei tratti. Più Gino. Ma il resto, la grandezza, il senso di movimento così difficile da rendere su un muro di cemento, l’idea che un’anima finalmente abiti il palazzetto del ghiaccio, il resto c’è. E bravo Sanue, l’artista autore dell’opera.

Nell’attesa delle rifiniture che consegneranno alla città il primo ricordo di Gino Pasqualotto, la vedova Patrizia Zago e il figlio Alex, lo storico compagno di squadra ed ex capitano del Bolzano e della nazionale Robert Oberrauch e l’amico fraterno Luca Zanoni hanno fatto una visita al murale affacciato su via Marco Polo insieme all’assessore Juri Andriollo. Presente anche il giornalista Luca Tommasini, addetto stampa della società.

La decisione di realizzare l’opera su una facciata del Palaonda è del mese scorso. «L’iniziativa è stata concordata con la famiglia dell’indimenticata bandiera dell’hockey cittadino e con l’ex capitano biancorosso, amico e compagno di squadra, Bob Oberrauch», aveva detto il sindaco Renzo Caramaschi nell’occasione. Da allora, Caramaschi, Andriollo e Oberrauch si sono dati da fare «per questo primo passo – così Andriollo – che dà dignità a una figura emblematica non solo nello sport, ma anche all’interno della comunità cittadina. Volevamo renderlo una presenza stabile a Bolzano, anche se la sua casa era il Palaghiaccio di via Roma».

Insieme a Zanoni, Oberrauch rilancia l’idea di ricordare il mitico 33 proprio lì, a casa sua. Una statua in via Roma, «nel posto dove tutti i bolzanini lo ricordano coi pattini ai piedi. Intanto già questo murale, quando tutti i dettagli saranno ultimati, sarà un bellissimo ricordo di Gino. Il prossimo passo potrebbe essere l’intitolazione del Palaonda».

Intanto sui social si sono formate le “squadre”. C’è chi applaude e si complimenta con l’artista e chi invece ancora ha qualche dubbio. Mentre il “33” sul casco è stato sistemato, qualcuno vorrebbe che il numero di maglia fosse scritto anche sul muro, occupando uno spazio visibile da una distanza maggiore. «Bello ma con qualche piccola modifica è perfetto», scrive un tifoso. E un altro dà «consigli per avere un murale degno di Gino». Sicuramente un dipinto così ravviva il paesaggio della zona industriale. Infatti una postina è contenta: «Ho visto ogni giorno l’artista all’opera mentre consegnavo la posta. Davvero bellissimo!»

Si tratta solo di pochi dettagli da sistemare. I pattini e la spatola da rossi dovrebbero diventare neri, la stella che segnala dieci scudetti vinti dovrebbe essere gialla. Possibilmente, questo lo chiedono le persone più vicine a Pasqualotto quand’era in vita e faceva sognare la tifoseria dell’hockey, i tratti del volto dovrebbero essere ammorbiditi per replicare la sua espressione bonaria.

Di qui al 2023 il Palaonda dovrebbe essere ampliato. In questo contesto l’intenzione dell’amministrazione comunale è di ricavare uno spazio museale dove esporre i cimeli dell’Hockey Club Bolzano. Sono già centinaia quelli custoditi da Zanoni, collezionista appassionato. «Testimonianze della memoria identitaria di una comunità, quella che in via Roma aveva eletto il proprio luogo d’incontro, di piacere e di gioia sportiva. Il Palaghiaccio casa di Gino Pasqualotto era il cuore pulsante della vita sportiva, intorno al campo ci si ritrovava tra famiglie, i padri ci portavano i figli. Pasqualotto e l’hockey hanno un significato profondo per la città tutta».

Bob Oberrauch ricorda che a portarlo a giocare fu proprio Gino. «Mi prese per mano, aveva dieci anni più di me. Sono cresciuto col suo esempio. Quest’opera è molto bella, restituisce anche l’idea del movimento. Non dev’essere stato facile lavorare su un muro così ampio. Ringrazio di cuore il sindaco Caramaschi, che come l’assessore Andriollo si è reso parte attiva di questo progetto: ci siamo sentiti diverse volte negli ultimi mesi, e lui si è appassionato all’iniziativa con volontà autentica. Non l’ha fatto perché è sindaco o perché si “doveva” fare. L’ha fatto con passione e affetto sincero».

Davanti al palazzetto incastrato fra via Galvani e via Marco Polo corre la ferrovia. A mano a mano i tifosi più creativi hanno riempito di scritte i pilastri. Oggi lì davanti troneggia su un’area di 90 metri quadrati l’immagine di Gino Pasqualotto, scomparso il 20 giugno del 2019 all’età di 63 anni.

Chissà come l’avrebbe presa, lui, quest’idea di un ritratto gigantesco. «Si sarebbe emozionato, come si è emozionato sempre. Quando indossava la casacca, quando si avvicinava la partita», risponde Zanoni. Oberrauch aggiunge che «con la sua modestia avrebbe detto: “troppo grande”, perché a differenza di quanto si direbbe aveva una profonda timidezza nei rapporti umani». E Zanoni continua: «Ma era sempre felice di incontrare le persone, gli amici, i compagni di squadra, i tifosi. Era un fuoriclasse nello sport e un fuoriclasse nel suo modo speciale di rapportarsi agli altri».













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