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Il reportage de «L’Espresso»: finto profugo cacciato da 2 parrocchie altoatesine

Porte sbattute in faccia in due parrocchie al giornalista Fabrizio Gatti, che si è finto un rifugiato in cerca di aiuto



BOLZANO. «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’europa ospiti una famiglia incominciando dalla mia diocesi di Roma». A esprimersi così era stato il 6 settembre da piazza San Pietro papa Francesco. Pertanto, il giornalista de «L’Espresso» Fabrizio Gatti, si è finto un profugo e per venti giorni ha attraversato l’Italia, dalla capitale della cristianità fino nella parrocchia di papa Ratzinger in Baviera.

Nel suo viaggio, raccontato sul numero de «L’Espresso) in edicola, Gatti, sotto lo pseudonimo di Ibrahim Bilal, 49 anni curdo iracheno, ha toccato diverse parrocchie e monasteri della penisola testando su se stesso le parole del Papa nell’Anno Santo della Misericordia. In tre settimane di viaggio e chilometri percorsi, Bilal è passato anche per l’Alto Adige, porta d’Europa per tanti profughi veri che ogni giorno attraversano il confine verso il nord. Gatti-Bilal nella sua inchiesta-viaggio racconta che alla parrocchia di Colle Isarco, dove giganteggia l’immagine del papa con la scritta:

«Le famiglie illuminano il sinodo» si è imbattuto nella segretaria del parroco, Don Attila, una donna sulla quarantina, capelli corti e modi sbrigativi che, alla sua richiesta di essere ospitato per qualche notte con la moglie e due bambini, avrebbe alzato le spalle e lo avrebbe liquidato seccata in tedesco. A un ulteriore supplica stavolta in tedesco del finto profugo, la «perpetua» avrebbe risposto che il parroco non era in sede e che non sapeva dire quando sarebbe rientrato. «Si ma fuori fa freddo, zwei Kinder» avrebbe a quel punto ribadito Bilal. «Ja, ma qui non si può dormire» avrebbe troncato la donna lasciando il profugo e la sua famiglia al suo destino. Abbiamo provato a sentire Don Attila, il parroco della piccola comunità di confine: «Non parlo molto bene italiano - ha confessato al telefono il parroco di origine romena - adesso mi scusi ma devo preparare la messa per sta sera». Nel suo viaggio, Gatti è passato anche per la Val Passiria, a San Martino dove in chiesa un bel dipinto raffigura il celebre santo che dona metà del suo mantello al povero e di aver trovato la porta chiusa anche lì.

Conferenza episcopale, i profughi al centro della riflessione delle diocesi Il vescovo Muser: "La Caritas svolge un ottimo lavoro, ma l'accoglienza deve partire dalla mente e dal cuore di tutti".

Per fortuna non è sempre così, la chiesa locale attraverso la Caritas fa molto, sono circa 370 profughi siriani ospitati nelle sue strutture. Secondo il direttore Paolo Valente: «Si tratta di profughi che si fermano momentaneamente e per poco tempo da noi. La maggioranza di loro vogliono e possono raggiungere la Germania».

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